L’attimo consapevole di Vlahovic: “La mia strada verso il calcio”

Vanja Vlahovic - credit: atalanta.it
“L’aver esordito in A e l’essere il capocannoniere del girone a fine stagione sono stati momenti importanti. Momenti in cui fermarsi e guardarsi indietro per vedere quanto si è fatto e capire che la strada è quella giusta. Ma devo crescere tanto, non sono ancora un calciatore”. La voce di Vanja Vlahovic è tranquilla. Nelle sue parole e nel suo tono si riflettono serenità e consapevolezza.
Normale se si pensa alla maturità che ha già in campo. Non scontato, invece, leggendo la sua carta d’identità. 23 marzo 2004. Nel raccontare e nel raccontarsi Vanja appare come lo si vede in campo. Lucido e attento. La stagione è finita da qualche giorno, il giovane attaccante in vacanza. “Come stai?”. “Bene, mi sto rilassando un po’”. È tutto pronto, si può partire.
Per parlare della sua storia bisogna (ri)partire dalle sue radici, da casa sua: la Serbia. Siamo nelle strade di Vršak, un piccolo paese vicino a Belgrado. La passione per il calcio inizia presto: “A quattro anni i miei primi calci a un pallone”. Lo sport a casa Vlahovic è di casa. Sì, lo sport, non il calcio. Mamma Dragana infatti “ha un passato importante nel basket. Invece papà Vladimir ha giocato nelle giovanili della Nazionale serba di pallavolo”.
Al calcio ci pensano i figli. Il piccolo Vanja segue le orme del fratello Igor: “L’ho seguito e mi sono innamorato”. I due bambini giocano sempre. In campo e a casa, rischiando di “rompere qualcosa in casa come ogni ragazzo di quell’età. Ma nostra madre per evitare danni aveva provveduto a togliere gli oggetti che si sarebbero potuti rovinare”.
Parte tutto da lì. Sangue, origini, legami. Serbia e famiglia: “Per me rappresentano tanto. Sono qui grazie a loro e al loro supporto. Solo noi sappiamo cosa abbiamo dovuto vivere e passare per arrivare fino a qui”. Rincorrendo un sogno, senza dimenticarsi da dove si arriva. Consapevolezza, ambizione e gol. Tanti gol. Anche se non ne ha uno preferito perché “sono tutti importanti”. Mentalità. Nella testa di Vanja Vlahovic con… Vanja Vlahovic.

Pallone
A quattro anni conosce il pallone, poco dopo entra nella club del paese dove gioca il fratello. “Amavo questo sport, ma non immaginavo di arrivare dove sono ora. A scuola ero bravo, per la mia famiglia era importante. Era la priorità, il resto veniva dopo”. A 10 anni la prima importante opportunità: “Mi ha chiamato il Partizan”. Nasce tutto grazie a una partita tra la squadra di Vanja e i bianconeri: “Zvonko Popović, il loro allenatore, mi vede e parla con mio papà, chiedendogli di portarmi a fare un’amichevole”.
Il provino dura poco: “Ho segnato 7 gol”. Da quel momento Vlahovic non torna più indietro. “Nei primi mesi andavo solo per le partite, poi ho cominciato anche con gli allenamenti. A 16 anni mi sono trasferito a Belgrado con mia mamma e mio fratello. La loro vicinanza è stata fondamentale per affrontare questo cambiamento”, ricorda Vanja. Nel mezzo di queste stagioni c’è un altro turning point. Protagonista, oltre a Vanja, è ancora una volta Zvonko Popović, l’uomo che l’aveva chiamato a Belgrado: “Giocavo come ala, è stato lui a mettermi in attacco”. Non è andata poi così male.

L’ultimo giorno
Turning point, dicevamo. Quello successivo ha una data precisa: 31 gennaio 2023. È l’ultimo giorno di mercato: “Lo ricordo bene quel giorno”. È mattino, Vanja va all’allenamento come ogni giorno. Una volta finito torna in spogliatoio e guarda il telefono: “Ho le telefonate del mio procuratore. L’ho richiamato”. “Vanja vieni allo stadio, devi firmare. Ti vuole l’Atalanta”. “Ho aspettato tutto il pomeriggio per capire se avessero fatto in tempo a presentare tutti i documenti. Erano le 18.56, mancavano 4 minuti alla chiusura“, ricorda l’attaccante. “Sei un nuovo giocatore nerazzurro”.
È la prima volta. La prima volta lontano da casa, lontano dalla Serbia, in Italia. “Non sono stati facili i primi mesi, era tutto nuovo”. Lingua, cultura, calcio. “Ma l’Atalanta mi ha accolto subito, mi ha fatto sentire parte della famiglia”. Una crescita costante “dal primo giorno a Bergamo. Dallo studiare l’italiano agli allenamenti, fino alle prime volte in prima squadra: un insegnamento continuo”.

Percorso
Un’annata speciale quella appena conclusa. Una stagione da riferimento e protagonista. Non solo per la titolarità e i gol, ma per le prestazioni e la crescita. 23 reti, capocannoniere del girone A e un percorso che ha toccato i tratti del sogno: “Siamo andati vicini a scrivere qualcosa di impensabile. È stato un cammino incredibile, ci dispiace per com’è finita. Ci credevamo. Ci credevamo davvero”. Una maturità calcistica raggiunta anche grazie a Modesto: “È stato fondamentale, mi ha dato sempre fiducia”.
U23 e non solo. 29 settembre 2024. Turning point. Un altro. “Vanja, vieni. Entri tu”. Vlahovic esordisce in Serie A contro il Como: “Ero confuso. Mi sono reso conto di quanto fosse successo solo alla fine della partita, parlando con la mia famiglia. È stato bello sentire l’emozione nella loro voce”. In quelle parole, commosse e felici, vive e si colora il percorso di Vanja. I sacrifici fatti, quei 7 gol al provino, l’addio alla Serbia per rincorrere quel sogno, la consapevolezza della strada che c’è da compiere. A non essere cambiati sono gli occhi. Sicuri, sereni e diretti verso il futuro. Il viaggio è appena iniziato.