Essere capitano, Federico Dionisi: “A Livorno ho chiuso un cerchio”

Federico Dionisi (IMAGO)
Federico Dionisi, attaccante e capitano del Livorno, si è raccontato ai microfoni de LaCasadiC.com: un viaggio tra ricordi e nuovi obiettivi.
Livorno, sabato 18 ottobre, minuto 76 della gara con la Sambenedettese. Sul dischetto si presenta Federico Dionisi, un ultimo sguardo al portiere, poi il tiro, e il gol. A colpire, però, è il gesto del capitano amaranto, che chiama tutta la squadra a raccolta verso Alessandro Formisano. Un abbraccio per ripartire, dopo tante difficoltà: “Dovevamo reagire e dare un segnale, non siamo una squadra morta. Abbiamo pregi e difetti – dichiara l’esperto attaccante a LaCasadiC.com-, ma non nel modo in cui eravamo stati dipinti nelle ultime settimane”.
Una scena già vista tre anni fa, durante un Bari-Ascoli. Da Bucchi a Formisano, l’idea è sempre la stessa: “Nelle difficoltà ci si deve unire, bisogna dare un senso di compattezza. Il nostro allenatore è preparato ed è una brava persona, se i risultati non sono stati favorevoli è anche per colpa nostra. Ci siamo guardati negli occhi, e ci siamo ripromessi di continuare a dare tutto. Era giusto festeggiare tutti insieme quel gol”. Un successo necessario, che ha spazzato via tutti i punti interrogativi della vigilia.
Il rapporto tra Dionisi e Livorno, in realtà, ha conosciuto più passaggi, è una storia fatta di sorrisi, prime volte e anche qualche rimpianto. Nell’estate 2024, dopo la retrocessione in Serie C con la Ternana, ecco la scelta di tornare al “Picchi“, tra i dilettanti, per provare a riportare il club tra i professionisti: “È una città che vive di calcio, che sa trascinarti con il suo entusiasmo e la sua passione. Anche quando ero lontano ho sempre seguito questa piazza, mi dispiaceva vederla in determinati campionati. Non è mai stato un problema scendere di categoria, indossare la maglia del Livorno è a prescindere un orgoglio. Bisogna lottare e sudare, a prescindere dal risultato finale”.
Il primo approccio ci riporta, però, alla stagione 2009/2010. I toscani sono appena stati promossi in Serie A, e Federico realizza il suo grande sogno: “Arrivavo dalla Serie C all’interno di una realtà importante. Mi sono ritrovato davanti a gente come Tavano, Lucarelli o Diamanti, è stato magico. Sarei dovuto subito partire in prestito, invece dopo i gol realizzati nelle amichevoli e in Coppa Italia decisero di confermarmi in rosa almeno fino a gennaio”. Era soprattutto il Livorno di Aldo Spinelli: “Con il presidente c’è sempre stato un rapporto di simpatia, scherzava con tutti. Io ero molto giovane e ricordo che all’inizio, entrando nello spogliatoio, disse scherzando ‘Belin, e lui chi è?’. Amava molto la squadra. E poi c’era Cristiano (Lucarelli, ndr) che mi parlava della Coppa Uefa e degli aneddoti legati a quegli anni”.
Gavetta
“Io sono stato bravo e fortunato a fare la gavetta, avevo 16 anni durante il mio primo anno di Serie D”. A piccoli passi, attendendo il momento giusto. Per Dionisi, dunque, la data da cerchiare in rosso è quella del 23 agosto 2009, o meglio quella dell’esordio in Serie A: “Ero giovane e volevo dimostrare tutto il mio valore. Quando arrivi lì vuoi comunque cercare di essere all’altezza. Ringrazierò sempre i miei due punti di riferimento: mio fratello e Roberto Ottaviani. Il primo mi ha indirizzato verso questo sport fin da quando ero un bambino, mentre il secondo, oltre a essere stato il mio ex Ds e attuale procuratore, è la persona che ha sempre creduto in me. Dai dilettanti mi ha indirizzato verso il calcio vero, tra i professionisti. Mi ha dato tante opportunità”.
Lavoro, sudore e sacrificio. Sono queste le tre linee guida che hanno scandito la carriera di Federico Dionisi, che qualche anno fa ha avviato un progetto calcistico nella sua Rieti: “Tutti hanno la possibilità di arrivare a certi livelli. Ai miei ragazzi dico di non mollare mai, di crederci, di provare a inseguire i propri sogni. Forse ci vorrebbe più attenzione sulle serie minori, mi viene in mente l’esempio di Gatti. Anche io, durante la scorsa stagione, ho avuto modo di osservarne tanti da vicino”.
Il lungo viaggio nel mondo del calcio, intanto, lo ha portato anche a vivere un’esperienza all’estero, precisamente in Portogallo: “La stagione con l’Olhanense è stata inaspettatamente bella. Io arrivavo dalla promozione in Serie A con il Livorno, ero un po’ deluso dal fatto di dover abbandonare nuovamente la possibilità di giocare in massima serie. Ma alla fine si è rivelata una scelta corretta. Ho conosciuto un calcio diverso, con meno pressioni, che mi ha dato la possibilità di confrontarmi con tanti campioni”.

Legami
Prima di ogni gioia, tuttavia, c’è sempre da superare momento difficile, un primo e un dopo che lascia cicatrici indelebili sulla pelle: “Quando nel calcio, o nella vita, mi capita di riflettere sulle difficoltà la mia mente torna subito a Piermario Morosini. Quel giorno, quella partita a Pescara, hanno lasciato un segno indelebile dentro di me”. Il ricordo di un amico, oltre che compagno di squadra, che Dionisi ha ripercorso in varie occasioni. Dal gol contro il Milan a San Siro fino al derby tra Frosinone e Latina.
Braccia in alto, sguardo fiero, un unico pensiero ‘Ciao Moro’. Nel frattempo, la carriera di Federico conosce stabilmente la Serie A. Con il Frosinone conquista prima una promozione e poi sfiora la doppia cifra in massima serie: “È stata una parentesi importante, ricordo con piacere quei momenti, sono arrivato lì al momento giusto. Soprattutto il primo anno abbiamo realizzato qualcosa di incredibile”.

Futuro
Tra i tratti caratteristici della vita calcistica dell’attaccante classe 1987 c’è, però, un’esultanza particolare: ‘Ogni gol un pieno’. Un gesto nato per scommessa, quando era ancora un ragazzo pieno di sogni, che ha poi portato su quasi tutti i campi italiani: “Diciamo che l’avevo messa un po’ da parte ai tempi dell’Ascoli, ero alla ricerca di nuovi stimoli e avevo bisogno di nuove energie. A Livorno ho chiuso un cerchio, per strada la gente ricordava il mio modo di esultare. Me lo hanno chiesto in tanti, così ho deciso di rispolverarla (ride, ndr)”.
Fuori dal calcio, invece, la situazione cambia: “Sono totalmente diverso. Spesso, quando mi capita di incontrare i miei avversari, mi chiedono se durante le partite ci sia un mio sosia in campo (ride, ndr). Io vivo questo sport in modo deciso, per alcuni può essere un pregio mentre per altri un difetto”. E sul futuro: “Voglio continuare a dare una mano ai giovani del territorio. Staccare con questo mondo non è semplice, mi piacerebbe mettermi in discussione con altri ruoli. Ma devono esserci le basi, vorrei farlo per merito e non per riconoscenza”. Crederci a ogni costo, adattarsi alle difficoltà, tra ricordi indelebili e una nuova pagina di vita.
