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Tra ricordi e nuovi obiettivi, Alessandro Birindelli: “Zambia esperienza di vita, ora vivo il presente con la Pianese”

Alessandro Birindelli / Credit: US Pianese

Alessandro Birindelli / Credit: US Pianese

Alessandro Birindelli, allenatore della Pianese, è intervenuto ai microfoni de LaCasadiC.com tra ricordi e presente con i bianconeri. 

Conquiste e sacrificio. La carriera di Alessandro Birindelli, ex difensore della Juventus e oggi allenatore della Pianese in Serie C, è stata scandita spesso da sentimenti come questi.

La gavetta, le corse in treno per raggiungere Empoli ai tempi del settore giovanile e i successi da calciatore. Tutto costruito secondo la logica del ‘duro lavoro’: “Diciamo che è andata allo stesso modo anche in questo mio nuovo percorso (ride, ndr). Sono soddisfatto dei progetti che sto portando avanti.”

La sua squadra si trova infatti all’undicesimo posto in classifica del girone B di Serie C, appena fuori dalla zona playoff, ed è reduce dall’importante vittoria esterna con il Perugia: “Il bilancio è sicuramente positivo, soprattutto se consideriamo che in estate abbiamo cambiato circa quindici elementi. Non era affatto semplice riuscire a trovare fin da subito una buona affinità -dichiara a LaCasadiC.com-, invece in campo c’è già un grande equilibrio, un aspetto fondamentale per un gruppo”. 

All’orizzonte, intanto, c’è la sfida con il Livorno: “È una delle squadre più importanti del nostro campionato, hanno trovato una quadra a livello di risultati. Noi cercheremo di proporre  le nostre solite caratteristiche, i ragazzi stanno lavorando bene”. Un cammino netto in trasferta, da migliorare invece dalle parti del ‘Comunale’: “È un trend che vigliamo provare a trasformare da negativo in positivo. Stiamo lavorando anche su questo dato”.

Un nuovo inizio

La nuova vita da allenatore è partita, però, da una traccia significativa: “Ho iniziato nel 2010, da collaboratore di Dario Bonetti, con la Nazionale dello Zambia. È stata una vera esperienza di vita, al di là del singolo aspetto calcistico. Mi ha fatto comprendere che spesso, nella vita di tutti i giorni, diamo importanza a cose futili, ma dall’altre parte del mondo ci sono comunità che soffrono ogni giorno, bambini che fanno fatica a mangiare”.

Poi un passaggio in Romania, sempre con Bonetti, alla Dinamo Bucarest, e alla Pistoiese, prima del ritorno alle origini: Empoli. “Ho fatto tutta la trafila all’interno del settore giovanile, fino alla Primavera. Mi ha dato tanto, ma a un certo punto era arrivato il momento di prendere una decisione. Avevo bisogno di trovare nuovi stimoli, così ho deciso di rimettersi in gioco con una prima squadra. E sulle differenze tra la panchina e il campo da gioco: “Chiaramente ci sono delle responsabilità in più, hai un gruppo di lavoro da gestire. Io amo il dialogo aperto, i confronti senza filtri. È importante dirsi le cose in faccia, lo apprezzavo quando ero un calciatore e vedo che la stessa cosa succede anche con i miei ragazzi”.

Alessandro Birindelli / Credit: US Pianese
Alessandro Birindelli / Credit: US Pianese

Una questione di famiglia

Da Capello a Trapattoni, da Lippi a Spalletti, fino a Ranieri. Tanti gli allenatori che ha incrociato durante la sua carriera: “Diciamo che qualcuno l’ho avuto (ride, ndr). Sono tutti professionisti che hanno fatto la storia di questo sport, significa che hai grande capacità comunicative e di gestione. Ho cercato di imparare qualcosa da ciascuno di loro”. Intanto, il rapporto tra il calcio e la famiglia Birindelli prosegue sulle orme di Samuele, ora protagonista con il Monza: “Abbiamo un rapporto aperto, cerco sempre di dargli uno stimolo positivo. Spesso, dopo una partita difficile o un infortunio, faccio leva sempre sulle motivazioni. A lui dico di vivere la vita in maniera spensierata, non caricandosi sempre di aspettative, che invece spesso ti fanno accumulare solo pressioni in più”. 

Sfogliando invece l’album dei ricordi, ci sono due momenti scolpiti nel tempo: “Sicuramente la chiamata della Juventus, che era la squadra che tifavo fin da bambino. Mi trovai catapultato dalla Serie B a una squadra che l’anno prima aveva vinto la Champions League: un sogno. Così come non dimenticherò mai la convocazione in Nazionale, penso sia il massimo per un calciatore”. Tra le passioni dell’ex difensore bianconero, tuttavia, non c’è solo il calcio: “Ho sempre seguito con particolare attenzioni le arti marziali. Da piccolo ho praticato anche judo, se non avessi fatto il calciatore magari avrei intrapreso una carriera di questo tipo”. Semplicità e leggerezza, basi da cui (ri)partire per costruire nuove vittorie.