Verso una nuova prima volta, Marco Bertini: “Che sogno l’esordio in Serie A. Pianese ambiente ideale”

Marco Bertini / Credit: US Pianese / www.lacasadic.com
La prima convocazione in Champions League, l’esordio in A e la nuova vita con la Pianese: il racconto di Marco Bertini a LaCasadiC.com.
“Sono nato con un pallone tra i piedi”. Basterebbe forse questa frase per descrivere il rapporto che persiste tra Marco Bertini e il calcio. Da Monterotondo alle notti europee, nessuna paura davanti alle possibilità difficoltà, anche quando si tratta di dover ripartire da zero. Oggi il centrocampista classe 2002 è uno dei punti fermi della Pianese, club del girone B di Serie C, protagonista di un’altra partenza positiva dopo l’ottimo percorso della scorsa stagione.
“L’impatto con l’ambiente è stato positivo fin da subito -dichiara l’ex Lazio ai microfoni de LaCasadiC.com-, è una realtà piccola dove non manca niente. Ci sono poche distrazioni, siamo soddisfatti ma abbiamo ancora diversi margini di miglioramento. Mi piace fare gol, ma senza ossessioni particolari, è importante il bene della squadra”.
Semplice, diretto, puntuale. Nella vita, come nel calcio. Le origini calcistiche ci riportano a Monterotondo, comune alle porte di Roma: “Tutto è partito da lì, anzi, da Mentana, un paese che si trova lì vicino. Fino ai miei undici anni è stato il posto dove ho iniziato a coltivare la mia passione verso questo sport”. Un amore, quello per il calcio, presente già in famiglia: “Papà segue il calcio quasi più di me (ride, ndr). Così come mio zio. Stessa cosa nonno, è una cosa che mi hanno tramandato loro e che poi ho fatto mia“.
Passo dopo passo, fino a spiccare il volo. E allora succede che, a soli undici anni, per Marco cambia tutto. Un’opportunità, nata in un pomeriggio d’estate, capace di trasformare un sogno in realtà: “La mia vecchia società era fallita, a quel punto ho dovuto cambiare strada. Feci un provino con la Lazio, ricordo che c’erano davvero tanti ragazzi. Successivamente partì per le vacanze con la mia famiglia, solo in un secondo momento i miei genitori mi dissero che era andato bene. Ero contento ma, essendo ancora piccolo, non riuscivo a percepirne l’importanza. Ero quasi dispiaciuto di dover lasciare i miei amici. In quegli anni pensi principalmente a divertirti”.
Crescere in fretta
“Papà devi venire a prendermi, sono stato convocato per la Champions League”. La carriera di Marco è sempre stata caratterizzata da scelte improvvise, cambiamenti rapidi, momenti significativi. Come in occasione delle gare dei biancocelesti con Bruges e Zenit: “Ero a scuola, mi chiesero di andare a Formello per fare il tampone. Eravamo in pieno COVID e c’erano diversi indisponibili. Io non avevo nemmeno la patente, così feci affidamento su mio papà. È successo tutto in fretta, in quel momento non riuscì nemmeno a rendermene conto. Realizzai veramente solo al momento dell’arrivo in Belgio. Mi ritrovai in mezzo a campioni che fino al giorno prima guardavo in Tv”.
Emozioni inaspettate, come il 23 maggio 2021: “Ero a Empoli con la Primavera, era appena finita la partita e un dirigente mi disse che all’uscita degli spogliatoi c’era un Van che mi avrebbe portato a Reggio Emilia, dove avrebbe dovuto giocare la prima squadra. Il giorno dopo debuttai in Serie A, era il mio obiettivo da sempre e accadde in modo così inaspettato. Fu inspiegabile”. Un mondo, quello della Lazio, che ha permesso al centrocampista della Pianese di coltivare legami importanti, come quello con Andrea Orlandi: “Arriviamo entrambi da Monterotondo, abbiamo fatto tanta strada insieme. I nostri genitori facevano a turno per accompagnarci agli allenamenti in base agli impegni lavorativi. Il nostro rapporto è sempre lo stesso, siamo come fratelli. È un amico che mi ha dato il calcio”.

Famiglia
Alla base di tutto, però, c’è sempre un elemento fondamentale, la famiglia: “I miei genitori mi hanno sempre seguito, facendo tanti sacrifici. Erano presenti alle partite, come agli allenamenti. Prendevano i permessi in ufficio per venirmi a prendere o per accompagnarmi. La loro presenze è stata fondamentale. Anche se non avessi continuato a giocare calcio, li avrei comunque ringraziati. Se ho potuto vivere tanti momenti positivi è soprattutto grazie a loro”. E come in ogni percorso arriva anche il momento delle scelte, il bivio dove tutto cambia: “Quando sono arrivato in Primavera ho capito che avrei potuto intraprendere definitivamente questa strada. Le ambizioni cambiano durante quel passaggio, anche se penso che è sempre meglio arrivare il prima possibile a confrontarsi con i grandi”. Ma nessun idolo: “Non ne ho mai avuto uno (ride, ndr). Ho sempre cercato di rubare qualcosa un po’ da tutti, da Luis Alberto fino a Chalanoglu”.
Fuori dal campo, invece, la parola d’ordine è ‘semplicità’. “Sono un ragazzo abbastanza solare, amo trascorrere il tempo libero con le persone a cui voglio bene. Mi sono laureato da poco in Scienze Motorie, sono contento di aver portato a termine questo percorso”. E sugli obiettivi: “Prima di tutto la salvezza con la Pianese, mentre a livello personale vorrei provare a fare più gol. Ma sempre nella logica di squadra”. Genuino e diretto, figlio di un percorso già ricco di sorprese. Da Monterotondo alla Serie A, in attesa di lasciare un altro segno indelebile nel lungo viaggio a tinte calcistiche. Questo è (anche) Marco Bertini.
