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Consapevolezze – Pitou: “Calcio, divertimento ed equilibrio”

Credit: Alcione Milano

Parto dalla fine. Che poi altro non è che un momento nel mio percorso, non un punto di arrivo. Perché, alla fine, a contare è ciò che riesci a fare giorno dopo giorno. Parto da questa precisa immagine perché penso che mi rappresenti. Rappresenti me, la mia idea di calcio, la mia crescita e ciò che sono oggi.

L’immagine è quella del mio primo gol con la maglia dell’Alcione alla prima giornata di campionato. Ho palla vicino al centrocampo, il loro portiere è fuori dai pali. “Io ci provo”. Poco dopo ero sommerso dall’abbraccio dei compagni. E ho scelto questa istantanea non tanto per la bellezza del gesto, ma per quello che racconta di me. Perché quella è una giocata che non pensi e non provi sempre. Lo fai quanto ti senti bene. Con te stesso, con i compagni e nell’ambiente in cui sei. È un istinto che nasce nel tuo… divertimento.

In fondo il calcio è questo, divertimento. Avete presente quella sensazione che si prova quando si è piccoli? Quando non hai preoccupazioni, aspettative da rispettare, troppi pensieri da controllare. Ti interessa solo giocare con i tuoi amici ed essere felice con loro. O come quando aspettavo il weekend per poter scendere in giardino con papà e mio fratello per sfidarci. Il gioco era semplice: uno in porta e gli altri tiravano. Chi sbagliava diventava il portiere. Sono ricordi che custodisco e porto con me. Sensazioni che cerco di non dimenticare.

Me lo diceva sempre anche il mio idolo Payet. “Il calcio è divertimento”. E se a dirlo è uno dei migliori numeri 10 della storia della Francia, bisogna crederci no? Incontrarlo a Marsiglia è stato un onore e una fortuna per me. Mi ha preso sotto la sua ala, non mi ha lasciato solo. C’è sempre per un consiglio. La sua parola vale tanto per me.

È stato al mio fianco anche quando ho dovuto dire addio al Marsiglia. Uno dei momenti più duri della mia carriera. Capirete il perché. Ma è andata così. Ogni step è utile per crescere. Ognuno ha la sua strada, io sono contento della mia. Certo, un giorno mi piacerebbe tornare a casa. Un giorno sogno di tornare a vestire la maglia del mio OM.

OM

Il Marsiglia è la squadra della mia famiglia. È più di un semplice club. È una fede. È un sentimento. Ricordo i weekend con i nostri parenti in cui ci trovavamo a vedere le partite dell’OM. Ancora oggi non me ne perdo una. A vestire quella maglia, però, non ci sono arrivato subito. Mi avevano seguito per diverso tempo, ma per i miei genitori era meglio aspettare. Dovevo pensare alla scuola e a ricevere una buona educazione. Ed è stato giusto così. Fare un passo alla volta. Anche saper attendere il momento migliore è importante.

Avevo 13 anni quando è arrivata la chiamata. Mi avevano cercato diverse squadre. “Dove vuoi andare?”. “Marsiglia”. Non avevo dubbi. In quel momento in me qualcosa è cambiato. Non era più solo un divertimento, ma stava iniziando un nuovo percorso con un obiettivo diverso: diventare un calciatore. Sono cresciuto tanto con quell’esperienza. Ero un ragazzino. Sono andato a vivere al centro sportivo, ho lasciato casa e amici, ho cambiato scuola. Ma sono una persona che sa stare da sola. Ho semplicemente pensato a quello che dovessi fare per adattarmi alla situazione. La cosa che mi ha fatto più male è stato vedere il dispiacere dei miei genitori. Il giorno in cui me ne sono andato mia mamma piangeva. Non era normale per lei che un ragazzo così giovane lasciasse casa.

Credit: Alcione Milano

Essere Marsiglia

Spiegare cosa sia il Marsiglia è difficile. È qualcosa che senti. Qualcosa di altro, qualcosa che va oltre. Sono cresciuto con quei colori. Immaginate cosa possa significare per un ragazzo essere chiamato dalla squadra per cui si tifa. Avrei giocato con quella maglia addosso. Unico. Sono arrivato in un gruppo molto forte. All’inizio è stato difficile adattarmi, c’era già un gruppo forte che si conosceva. Ci ho messo alcuni mesi per adattarmi.

Quello con l’U16 è stato un anno importante. Ho incontrato un allenatore che mi ha cambiato. E mi ha aiutato. Venivo da un periodo complicato. Alla fine della stagione precedente mi ero fatto male. Mancava una sola settimana alla mia prima volta in Nazionale. Era saltato tutto per quell’infortunio. Sono voluto tornare in fretta. Non sono uno che ama stare fermo. Sono arrivato al ritiro con l’U16 che ero fuori forma. Non mi riusciva niente, neanche le giocate più semplici. Non mi riconoscevo. Quando non ti riescono le giocate perdi fiducia, ti vengono dubbi. Ma la risposta è sempre una: il lavoro. A livello mentale non è stato semplice, ma bisogna saper essere forti e riuscire a controllare la tua testa. E l’allenatore mi ha aiutato a rimettermi in piedi.

Prime volte

Le prime volte sono speciali. Ti espongono a emozioni mai provate, a situazioni nuove da gestire. Come quando a 17 anni ho fatto il mio primo allenamento con la prima squadra. Non ho dormito per due notti. Da quel giorno a scuola e controllavo sempre il telefono per vedere se mi chiamassero per andare con loro ad allenarmi. O come quando dopo un allenamento il preparatore atletico mi ha detto di non fermarmi a calciare perché il giorno dopo sarei andato con la prima squadra a Istanbul per l’Europa League. Era un sogno che si avverava. Non avevo mai avvertito quella tensione. Bello.

Prime volte. Positive e negative. A Marsiglia poi c’è stata una rivoluzione. Hanno deciso di cambiare tutto. E all’interno di quel cambiamento c’ero anche io: non facevo più parte del progetto.
Ci sono rimasto male. Non ce l’avevo con la società, ma non ci sono stato bene. Alla fine era come casa mia. Ed era il club per cui tifavo fa sempre. Ero stato vicino alla prima squadra, avevo toccato con mano quella realtà. Il mio Marsiglia. In poche settimane tutto era finito, dovevo trovarmi un’altra squadra. Era una sensazione strada. Ero sempre stato nel Marsiglia, ero abituato a vedermi con quella maglia, ero abituato a quel mondo. Mi ero ritrovato all’improvviso senza nulla. Non avevo un contratto e dovevo trovarmi una nuova squadra da cui ripartire. Una situazione in cui non mi ero mai trovato. Avevo tante domande. Qual era la scelta giusta? Avrei trovato squadra? Qual era lo step migliore per me?

Jonathan Pitou con il fratello

Equilibrio

Ho fatto passare del tempo. Quello sistema tutto. Il tempo e la testa. Era strano, è vero. Era una situazione in cui non mi ero mai trovato. Ricordo luglio. Il mese in cui parte la nuova stagione. La mia è partita dopo, a ottobre. Non avevo squadra. E non era neanche semplice capire quale fosse la scelta migliore. Uscivo da una squadra di alto livello, avrei dovuto cercare una realtà simile? Ho capito che il percorso di cui avevo bisogno era diverso. Dovevo pensare alla mia crescita, a trovare una situazione che mi permettesse di giocare e migliorare. Volevo solo una cosa: rimanere nel mondo professionistico. Per questo ho deciso di venire in Italia in Serie C.

Sono arrivato e ho fatto dei provini per delle Primavere, ma volevo giocare con i grandi. La mia strada nel settore giovanile era finita. Sì, è vero, nessuno mi conosceva qui in Italia. Era difficile darmi fiducia. Ma io ero sicuro del mio valore e della mia qualità e sapevo che le avrei mostrate. Quando è arrivata la proposta della Pro Patria ho accettato subito. Per la lingua non è stato facile. Ma non sono mai stato il tipo di persona abituata a restare nella sua comfort zone. Ho fatto il massimo per adattarmi e imparare l’italiano. Alla Pro sono stati tre anni importanti. Hanno dato fiducia a un ragazzo che non conosceva nessuno. In estate era giusto cambiare per fare un passo in più. Era il momento giusto. E l’Alcione era il progetto che si adattava al mio stile di gioco e alla mia voglia di crescere. Qui sto bene. Sento fiducia e affetto.

Mi sento maturo. Mi sento pronto. Ho fatto esperienze che un ragazzo della mia età di solito non fa. Devo continuare a lavorare ogni giorno. Quello che so è che ora sono pronto ad affrontare un certo tipo di difficoltà. Ed è la cosa più importante. Sono cresciuto tanto. Sono diventato grande. A volte ci sono giorni in cui non ti riesce nulla, altri in cui la gente ti vede come il più forte al mondo. Tu devi saper trovare e mantenere un tuo equilibrio. L’equilibrio, il principio più importante. Insieme al divertimento, naturalmente.