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Siamo penultimi, esonero deciso dal club: il mister lascia la squadra al 19esimo posto

stadio inter copertina

San Siro prima di una partita dell'Inter / Credit: Image / www.lacasadic.com

Allenatori, eroi e colpevoli del calcio moderno

Nel calcio, nessuno vive sotto i riflettori come l’allenatore. È il volto del progetto, la voce che rappresenta la squadra, ma anche il primo a essere messo in discussione quando arrivano i risultati negativi. Ogni partita è una prova, ogni dichiarazione una sentenza. Il calcio moderno, con i suoi ritmi e le sue pressioni mediatiche, ha trasformato la panchina in un luogo dove la gloria e il fallimento convivono a pochi centimetri di distanza.

Oggi il tecnico non è solo un tattico: è un manager a tutto tondo. Pep Guardiola incarna alla perfezione l’allenatore del presente, capace di imporre una filosofia di gioco riconoscibile in ogni contesto. José Mourinho, invece, è l’esempio opposto: costruisce il successo sull’energia emotiva, sulla gestione psicologica e sulla comunicazione. Due visioni diverse ma ugualmente efficaci, che raccontano come il ruolo si sia evoluto fino a diventare un equilibrio tra idee e personalità.

Dietro ogni panchina, però, c’è una precarietà costante. Gli esoneri sono ormai parte integrante della narrazione calcistica. Il tempo non esiste più: contano solo i punti. Eppure, senza tempo, è difficile costruire identità e continuità.

Chi riesce a superare questa pressione diventa un punto di riferimento. Carlo Ancelotti, con la sua calma e la sua capacità di adattamento, è l’emblema della stabilità in un mondo frenetico. Vincere per lui non è solo un trionfo sportivo, ma la conferma di una leadership fatta di equilibrio, fiducia e rispetto umano. È la dimostrazione che, anche in un calcio che brucia tutto, la competenza e la gestione restano valori vincenti.

La solitudine

Ogni allenatore, in fondo, vive solo con le proprie decisioni. Sa che un cambio sbagliato o una dichiarazione fuori posto possono costargli tutto. Ma è proprio questo rischio a rendere il mestiere irresistibile. Chi siede su una panchina accetta di camminare sul filo, consapevole che solo chi osa può davvero lasciare un segno.

Allenare significa anche mettersi costantemente in discussione. Non basta studiare tattiche o motivare un gruppo: serve la capacità di leggere le persone, di capire i momenti, di adattarsi ai contesti. È un lavoro totale, che non finisce mai quando si spegne un riflettore o termina un allenamento. E per questo, nonostante la precarietà, la figura dell’allenatore resta centrale: perché dietro ogni squadra vincente, c’è sempre qualcuno che ha saputo credere nel proprio progetto anche quando il mondo sembrava crollare.

Cristian Serpini, ex allenatore Carpi / Credit: Lugli-Torelli
Cristian Serpini, ex allenatore Carpi / Credit: Lugli-Torelli / www.lacasadic.com

Torres, si pensa al post Pazienza: sondaggio per Serpini

Nella giornata di domenica 2 novembre il club ha comunicato l’esonero di Michele Pazienza, dando quindi inizio alla ricerca del suo successore.

In particolare, la Torres sta sondando il profilo di Cristian Serpini. L’ex allenatore di Carpi e Ravenna potrebbe quindi tornare in Serie C dopo l’ultima esperienza proprio con il club biancorosso, risalente alla passata stagione e che ha visto il Carpi neopromosso chiudere al 13° posto.