Dal Napoli di Benitez al gol con il Taranto: la storia di Antonio Romano, il Gerrard di Caravita

Il centrocampista ha realizzato la prima rete nel match contro la Juve Stabia

Anotnio Romano Serie C
16 Ottobre 2022

Redazione - Autore

Tutti conoscono Steven Gerrard. Leggenda del Liverpool che ha giocato sul prato di Anfield più di 500 partite. Quando il numero otto era ancora in campo, a Napoli, Antonio Romano vestiva la maglia azzurra nelle giovanili. Per il ruolo in cui giocava e le sue potenzialità sul campo, i compagni lo chiamavano con il nome della leggenda inglese. Ecco, tutti conoscevano Steven Gerrard. Ma nello spogliatoio del Napoli di Steven Gerrard ce n’era soltanto uno. Non giocava ad Anfield e lo stadio dei suoi sogni era il San Paolo. Quello stesso ragazzo ha segnato il primo gol con il Taranto di Ezio Capuano. Ma partiamo con ordine.

Caravita-San Paolo: un percorso lungo 23 chilometri

Il tempo per arrivare da Caravita – frazione di Cercola – al centro di Napoli è di circa quindici minuti. Ad Antonio Romano la strada che portava da casa fino al centro però è sempre interessata relativamente. Quella che lui ogni volta percorreva, emozionato della destinazione finale, era composta dai chilometri che separavano Caravita dallo stadio Maradona, allora San Paolo. 23 chilometri circa. Un percorso, da casa sua al San Paolo, che Romano volle riflettere anche nel calcio, partendo dall’Europa Massese. Le sue qualità però erano evidenti. Così, nel 2008 fu il Napoli a bussare alla porta di Romano. Il ragazzo aveva una nuova casa. Doveva soltanto parlare il campo. Il San Paolo lo aspettava.

Antonio Romano Taranto

Steven Gerrard e le parole di Benitez

Cosa vuol dire essere napoletano ed avere l’opportunità di vestire la maglia azzurra? Probabilmente neanche Antonio Romano riusciva a descrivere le emozioni nel suo periodo al Napoli. Il ragazzo nelle giovanili dimostrò tutte le sue capacità disegnando il percorso anno dopo anno. Sfiorò il tetto d’Italia perdendo soltanto in finale uno scudetto contro la Fiorentina e la fiducia nelle sue scarpette crebbe così tanto che nello spogliatoio cominciarono a chiamarlo Steven Gerrard. Ma il culmine delle emozioni Romano lo toccò nella serata del 14 agosto. Estate 2013, l’Italia si preparava ad accogliere Ferragosto. Ma per Antonio non c’erano spiagge né feste con gli amici. Soltanto la maglia del Napoli. Benitez decise di chiamarlo per il primo Memorial Lugaresi. La cornice era quella del Dino Manuzzi di Cesena. Gli avversari erano Defrel e Granoche, i compagni di squadra Dossena e Callejon, in un Napoli che aveva appena salutato Edinson Cavani. Romano giocò fino agli ultimi minuti del secondo tempo.Romano? Ha un gran potenziale e lo sappiamo. Deve lavorare molto. Continuando così potrà arrivare in Serie A“. Le parole erano di Rafa Benitez. Il cuore di Antonio alzò il ritmo e la mente cominciò a correre. Essere un napoletano nel Napoli.

Antonio Romano Taranto

Il Taranto con Nello Di Costanzo ed Ezio Capuano

Da quella sera Antonio Romano lasciò il Napoli per farsi le ossa nel calcio dei grandi. La sua passione era diventata un obiettivo da migliorare, giorno dopo giorno. Da Santarcangelo il ragazzo passò per Prato e Carpi arrivando così fino alla Pistoiese. Dalla Toscana poi il ragazzo si mosse ancora, direzione Imola. Poi un altro capitolo con il Taranto. La stella polare rimaneva sempre l’ambizione. E quel percorso che porta da Caravita fino al Maradona è la sua motivazione anche in questa nuova stagione. Sette partite, un percorso iniziato con Nello Di Costanzo e che sta continuando sotto la guida di Ezio Capuano. Una partenza difficile, con tre sconfitte consecutive. Adesso, un’altra vittoria. Nel match contro la Juve Stabia ha sbloccato il risultato realizzando un calcio di rigore. Ritorno ai tre punti dopo la sconfitta contro di Latina e prima rete per il club. Il Gerrard di Caravita è arrivato a Taranto per lasciare il segno. Non gioca ad Anfield e nel cuore ha quel percorso che ha sempre ammirato, dal finestrino di una macchina o su un campo da calcio. 23 chilometri, Caravita-Maradona.

A cura di Jacopo Morelli