Ascoli, Carillo sul derby con la Sambenedettese: “L’ho vissuto da ragazzo del vivaio. Si respirava calcio vero”

Carillo, crediti Imago, www.lacasadic.com
Carillo ricorda il derby Ascoli – Sambenedettese del 1986: emozioni, aneddoti e attesa per la sfida che torna dopo 39 anni.
Domenica, dopo trentanove anni, tornerà il derby tra Ascoli e Sambenedettese. Una sfida che non è mai stata una partita qualunque, ma un pezzo di identità locale. Per chi c’era, per chi l’ha vissuto anche solo da vicino, il ricordo è ancora vivido. Come per Giuseppe Carillo, allora giovane promessa del vivaio dell’Ascoli, oggi allenatore in attesa del progetto giusto per tornare in panchina.
“Ero giovane, venivo dal vivaio ma in orbita prima squadra” ricorda Carillo. “Avevo già esordito in Serie A l’anno prima, in Serie A”. Quel giugno del 1986, l’Ascoli di Boskov era a un passo dal ritorno nella massima serie, la Sambenedettese di Vitali lottava per salvarsi. “Si arrivò a quel derby con la consapevolezza che bastava un punto per salire. Ma ad Ascoli nessuno voleva pareggiare contro la Samb. Si capiva che, per la tifoseria, quel punto non bastava. Era una partita di fine stagione, ma viscerale, sentita come poche altre”.
Il pareggio finale 0-0 sancì la promozione dell’Ascoli e un punto fondamentale per la salvezza della Sambenedettese. “Ricordo un aneddoto curioso” racconta sorridendo. “Invece di esultare per la promozione, i tifosi erano inviperiti per aver lasciato un punto alla Samb. Lo stesso Boskov restò sorpreso: pensava di uscire tra gli applausi, e invece dovette rientrare negli spogliatoi”.
Allora Carillo era un ragazzo che sognava. Il derby lo conosce bene. L’ha respirato negli spogliatoi, ne ha sentito il peso sulle spalle e l’adrenalina nelle vene. “C’erano tanti ascolani in rosa: Scarafoni, Agostini, Iachini che già giocava titolare. Era una squadra giovane, ci divertivamo, si vinceva. Si respirava entusiasmo, amicizia, appartenenza. Lo stadio era sempre pieno, il pubblico una spinta continua“.
I derby di provincia e l’amore per il calcio vero
“Il derby in quegli anni era viscerale” racconta ancora Carillo, “Non solo in Serie B ma già nei settori giovanili. A volte si giocava al campo della Sentina davanti a tanti tifosi, e non mancavano le escandescenze. Era un calcio diretto, passionale, dove il confine tra campo e spalti era sottile”. Il clima, per chi era dentro la prima squadra, era speciale: “Si andava in ritiro il giorno prima, si dormiva insieme, poi la mattina ci si svegliava con quella tensione addosso. C’era l’attesa, la voglia di far bene. Anche la Samb era una squadra giovane, con giocatori di carattere: ricordo Fattori, che segnò all’andata, ma anche Turrini e Annoni. Erano sfide vere, di campo”.
Oggi, a quasi quarant’anni di distanza, il derby torna con una cornice diversa: niente tifosi ospiti, una decisione che divide. “Non fa bene al calcio, ma la capisco” commenta Carillo. “I tempi sono cambiati, ma la passione è la stessa. E il derby resta il derby”.

Il presente e la passione che non passa
“Ho indossato quella maglia e so cosa significa vedere l’Ascoli e la Samb fronteggiarsi. È una parte della mia vita calcistica“. Oggi, dopo più di vent’anni di esperienza come vice allenatore tra Serie A, B e C, Carillo è pronto per la prossima sfida: “Aspetto l’occasione giusta, il progetto giusto. Allenare è la mia passione, il campo è casa mia“.
Altre maglie, altri campi, ma la stessa fiamma. Il tempo è passato, ma certe emozioni no. Perché Ascoli – Sambenedettese non è solo un appuntamento in un calendario: è una linea di confine tra due città, due anime e un solo modo di intendere il calcio.