Ascoli – Sambenedettese: 39 anni dopo torna una rivalità che non ha età

Ascoli - Credit Ascoli Calcio - www.lacasadic.com
Ascoli – Samb è molto più di una partita: è un simbolo, un evento che intreccia calcio, storia e passione popolare
Ci sono partite che vanno oltre il calcio. Partite che restano impresse nella memoria collettiva di una città, che diventano identità, orgoglio, appartenenza. Una di queste è senza dubbio Ascoli – Samb, il derby pronto a tornare dopo quasi quarant’anni di assenza.
L’ultimo incrocio ufficiale tra le due squadre risale al 3 settembre 1986, in un match di Coppa Italia deciso da un gol di Vincenzi che regalò ai bianconeri la vittoria per 1-0. Pochi mesi prima, nel campionato di Serie B, era arrivato un pareggio 0-0 destinato a entrare nella storia. Quel punto fu sufficiente all’Ascoli di Sensibile, con Boskov direttore tecnico, per festeggiare la promozione in Serie A. Per la Samb di Vitali, invece, rappresentò una boccata d’ossigeno verso la salvezza. Ma quella sera non fu solo calcio. Quel punto fece arrabbiare i tifosi bianconeri che assediarono i giocatori negli spogliatoi dello stadio per non aver “spinto” i rivali verso la retrocessione. Un episodio che racconta tutta la passione e la rivalità che da sempre dividono e uniscono le due sponde del Piceno.
Mazzone, che visse sulla propria pelle l’intensità del derby, disse una volta:”Chi ha giocato Ascoli – Samb non ha paura di niente“. Una frase che racconta meglio di ogni altra la passione e la durezza di tale sfida. Mazzone lo disputò per la prima volta da calciatore con la fascia da capitano il 15 ottobre 1967, al “Ballarin” di San Benedetto, in una gara persa 2-0 dall’Ascoli. Nel ritorno del 3 marzo 1968 allo “Stadio delle Zeppelle” che l’anno seguente sarebbe stato intitolato a Cino e Lillo Del Duca, i bianconeri si imposero 1-0, ma per Mazzone quella partita segnò la fine della carriera da giocatore: una frattura alla tibia lo costrinse poi a smettere, aprendo però la strada alla sua straordinaria carriera da allenatore.
Dopo quasi quarant’anni, il derby torna a scrivere la sua storia. I protagonisti sono nuovi, ma la passione è la stessa. Nelle piazze, nei bar, nei ricordi degli over 40 che raccontano ai figli “com’era quel derby”, si respira l’attesa di un evento che va oltre lo sport. Perché Ascoli – Samb non è solo una partita. È un pezzo di vita, di memoria collettiva. Un racconto di generazioni, di voci, di stadi che tremano. E quando le squadre scenderanno in campo, non sarà solo una sfida tra undici calciatori per parte.
Un secolo di sfide e storie
Il primo derby ufficiale risale addirittura al 23 gennaio 1927: l’Ascoli, in maglia bianca, vinse in casa al “Campo dei giardini” poi “Squarcia” 4-2 contro una Samb in maglia verde. Da allora 36 partite tra campionato e coppa, con 27 derby in Serie C, rivalità accese negli anni Trenta e Quaranta, e pagine dolorose come quella del 14 febbraio 1965, quando perse la vita Strulli, portiere bianconero, a seguito di uno scontro con l’attaccante rossoblu Caposciutti al Ballarin.
Dagli anni Sessanta fino agli Ottanta, Ascoli – Samb è stato uno dei derby più sentiti e accesi del calcio marchigiano. Sfide epiche, stadi gremiti, tensione altissima dentro e fuori dal campo. Il 26 marzo 1972, 2-0 per i bianconeri e ultima volta sul campo dell’Ascoli in Serie C. In quegli anni la squadra di Rozzi, Mazzone e poi Boskov costruì la propria leggenda, scalando le categorie fino a imporsi nel panorama nazionale. Per la Sambenedettese, invece, dopo le stagioni d’oro in Serie B arrivarono gli anni della C. Dagli anni Novanta la discesa, tra Serie C1 e C2 e le prime turbative societarie che segnarono la storia recente del club. Dal 1986, le due squadre non si sono più incrociate sul campo.

Oggi come ieri
Sono passati 39 anni da quell’ultimo confronto. Una generazione intera non ha mai visto questo derby, ma ad Ascoli e a San Benedetto l’attesa è già febbrile. Le nuove squadre si affacciano a una sfida che è storia, memoria e sentimento. Non sarà soltanto una partita: sarà un viaggio nel tempo, un ritorno alle radici del calcio marchigiano.
Un derby che divide due città distanti appena 30 chilometri, ma unite da una stessa passione. E che, come disse Mazzone: “Chi l’ha vissuto una volta, non lo dimentica più“. Parole che oggi, suonano come una promessa: quella di un derby che non conosce tempo.