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Dalla “fossa sul dischetto” alle lezioni di Zeman: l’Avellino riparte con “Gaucho” Gautieri

Sentendo la parola Gaucho pensiamo subito a Ronaldinho, ma questa volta non è così: personalità, carisma sia da giocatore sia da allenatore: parliamo di Carmine Gautieri, nuovo allenatore dell’Avellino. Proprio lui, nato in Campania e cresciuto in una famiglia molto umile, che gli trasmesso il senso del sacrificio.

“A 13 anni dopo scuola, un’ora al giorno, mio padre mi mandava a lavorare in un distributore di benzina. Dovevo capire il senso e l’importanza del lavoro. E non era come oggi dove i nostri giovani li viziamo in tutto e per tutto e alla prima fatica diciamo loro… ‘va beh non importa, lascia stare’…” – raccontò l’allenatore in un’intervista su Gianlucadimarzio.com. Da giocatore parte dalla Serie C fin quando con il Bari realizza il sogno Serie A, per poi indossare la maglia della Roma dove incontra quello che poi diventerà un suo vero e proprio maestro, Zeman.

Quella famosa fossa sul dischetto

Non ha mai voluto il ruolo da attore protagonista, ma è spesso stato un punto di riferimento per le squadre in cui ha giocato. Una figura che ricordiamo per tanti episodi, uno dei più memorabili la famosa “fossa sul dischetto”. La partita era Avellino-Atalanta, Gautieri giocava con la Dea. L’arbitro Dondarini fischiò un calcio di rigore a favore dei campani e in un momento di pausa Gautieri scavò una piccola buca e cancellò il dischetto, costringendo gli addetti ai lavori a ridisegnarlo. A rendere ancora più grottesco l’episodio fu la decisione dell’arbitro nel far ripetere il rigore a Capparella (giocatore dell’Avellino), che prima segnò senza problemi, mentre nel secondo tentativo prese la traversa. Gautieri si attribuì il merito con la stampa. Una scelta che costò un deferimento a lui ed anche all’Atalanta.

Il maestro Zeman e il sergente Capello

L’ex difensore fece un passo in avanti nella sua carriera nel 1997, quando su richiesta di Zeman venne acquistato dalla Roma per 4 miliardi di lire. Agli ordini del boemo ha imparato molto, soprattutto per il suo futuro da allenatore. Ha segnato otto gol in 43 presenze, un gran bottino per chi giocava esterno. L’avventura con Capello non andò invece al meglio: “Con lui non potevi sbagliare nemmeno una virgola, niente. Un giorno andammo in campo per l’allenamento e due di noi avevano i calzini diversi dal resto del gruppo… Sospese l’allenamento“.

Ora propone spesso il 4-3-3- firmato “Zemanlandia” nelle sue squadre, cercando di utilizzare quei principi di gioco, ovviamente adattandosi anche alla rosa che ha a disposizione. L’Avellino ora cercherà di ripartire con il suo nuovo maestro, con la testa alta e con lo sguardo verso la Serie A.

A cura di Antonio Salomone