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Capuano: “Sono come Robin Hood, aiuto il ricco per dare al povero. Saluti di Allegri? Mi conoscono tutti”

Alla mia età la squadra la scelgo io. Sono come Robin Hood, rubo al ricco per dare al povero”. Si racconta a trecentosessanta gradi l’allenatore del Taranto, Eziolino Capuano, al Fatto Quotidiano. Aneddoti, adolescenza e qualche “chicca” del suo carattere estroverso, focoso. “Ho allenato troppe squadre, non le ricordo nemmeno tutte, ha detto. E sui complimenti di Allegri, ricevuti alla vigilia del match con il Monterosi Tuscia, non ha esternato troppo stupore: “Mi conoscono tutti e conosco gli allenatori con la mia età. Non dimentichiamoci che ho allenato anche in Serie A”. A tutto Capuano, in un’intervista che racconta uno degli allenatori più goliardici del calcio italiano. Di sicuro, della Lega Pro.

Capuano tra presente e passato: “In campo non mollavo mai. Taranto? Fatta un’impresa”

Si parte dal presente. Un presente chiamato Taranto. Un obiettivo raggiunto, chiamato invece salvezza: “Per certi versi è stata un’impresa – ha ammesso Capuano al Fatto – : ho trovato una situazione che poi si è protratta per l’intera stagione, con il pubblico che non è mai venuto allo stadio; ma volevo Taranto e alla mia età la squadra la scelgo io. A Taranto c’ero già stato da ragazzino e mi ero promesso di ritornare. La mia non è mai presunzione, posso permettermi di dire certe cose”. Dai 21 anni a oggi, molte cose sono cambiate: “Con l’età sono maturato; per me l’esperienza è tutto ciò che un essere umano riesce a tramutare da negativo in positivo. Il resto sono cazzate; 21 anni fa ero giovane, avevo già vinto molto, credevo di dover spaccare il mondo, quindi qualche errore l’ho fatto“.

Capuano ha raccontato poi la sua prima esperienza al Taranto, tra aneddoti e retroscena: “Venni esonerato in maniera ignobile. il valore mediatico che ho ricevuto, l’essere diventato un personaggio, da un lato mi ha reso pubblico, dall’altro mi ha penalizzato. Hanno nascosto un po’ le doti da allenatore”. E quelle da giocatore? L’ex di Avellino e Potenza tra le altre, ha parlato così del suo rapporto con il campo quando indossava gli scarpini: “Ero forte, non mollavo di un millimetro, avevo quantità e qualità. A 17 anni dovetti rinunciare per un grave infortunio al gomito. Lo ricordo benissimo, nessuno capiva la gravità della situazione. Poi dopo tre ore già all’ospedale. A forza di operazioni avevo capito che era finita”. 

Fuori dalla spogliatoio

Capuano dice di essere come Robin Hood: “Rubo al ricco per dare al povero. Il ricco è il giocatore forte e più fortunato con una carriera davanti. Il debole (povero, ndr) è il ragazzino appena arrivato sul campo“. L’allenatore ha poi parlato delle doti che più predilige in un calciatore: “Preferisco la tenacia alla tecnica. Questa è fine a se stessa. La tenacia rientra nell’indole, nel cuore, nella mente. Il giocatore non si costruisce nel rettangolo di gioco”. O sei dentro o sei fuori, con Capuano funziona così: “Se mi segui diventi come un figlio, altrimenti cerco di capire entrando nella tua mente. Se non c’è miglioramento allora ti abbandono. E se lo faccio senza più romperti i c******i allora ti devi preoccupare seriamente”.

Uomo d’altri tempi. Lontano dai social e da ogni “macchia” del corpo: Non capisco i tatuaggi. Ai miei figli li proibisco. Sono l’enfatizzazione dell’egocentrismo e i calciatori sono molto egocentrici”. Regole e modi di comportamento: “Nel mio spogliatoio non devono esserci né musica né orecchini. Rappresentiamo una città, i calciatori non possono presentarsi con gli orecchini come se stessero andando da Maria De Filippi”. E sui genitori troppo ossessivi coi figli ha poi concluso: “Non puoi accompagnare i figli o seguirli, se non con discrezione, altrimenti devi portarli all’oratorio dai Salesiani“.

 

 

Redazione

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