“Equilibrio e progetto: il mio Alcione“, nel mondo consapevole di Cusatis
“Ho sempre pensato di sperimentare, mettermi in discussione, crescere in modo graduale. Tutto senza scorciatoie”. Tranquilla, serena, matura. La sola voce di Giovanni Cusatis racconta tanto di lui. In essa si riflettono la calma e la consapevolezza, figlie della sua esperienza.
Quella dell’allenatore dell’Alcione è una storia fatta di step e crescite. Un processo in itinere. Senza sosta, ma rispettoso dei tempi e delle attese. In lui si uniscono e legano diversi mondi: il settore giovanile, la gavetta partita dai dilettanti, le esperienze come secondo e l’estero.
Un viaggio partito giocando con gli amici nella piazza di Cormano e arrivato alle pagine scritte con l’Alcione. Nel mezzo km, passaporti, esperienze di vita. Un percorso che si è incontrato e unito in modo tanto naturale quanto indissolubile con quello del club milanese. Si sono visti, conosciuti, piaciuti fin da subito. In qualche modo la storia di uno completa quella dell’altro. Due narrazioni che corrono insieme.
“È una società diversa dalle altre. Qui esiste il senso della progettualità”. Sentendo parlare Cusatis si comprende l’essenza della sua squadra. Si capisce le origini di un campionato vinto e di un avvio di stagione straordinaria in C: terzo posto, 19 punti, cinque vittorie consecutive. Ah, tutto da neopromossa. “Equilibrio, l’importanza delle persone, la cultura del lavoro: siamo questo”.
Milano è solo l’ultima importante tappa di un cammino iniziato girando l’Italia prima e il mondo dopo. L’Inghilterra come secondo di Sannino, la Grecia e gli Emirati Arabi. Il ritorno a casa e una carriera da primo allenatore. La lettura come compagna e consigliera. E quella maglia arancione: “Per me è come allenare il Real Madrid. L’Alcione è il mio posto”.
Cammino
Un passato da calciatore. Dalla piazza di Cormano con gli amici ai campi del professionismo. Poi il richiamo della panchina: “Mi ha sempre affascinato come idea”. Inizia il processo. Settore giovanile, la partenza tra i dilettanti, le esperienze come vice. “Avevo l’idea di partire dal settore giovanile, mi ha insegnato tanto. Lì è importante formare, non il risultato. Ed è qualcosa che mi sono ritrovato dopo”. Gli anni tra Eccellenza e Serie D “dove impari a rapportarti con giocatori che si allenano dopo intere giornate al lavoro”.
Qualche anno di C e la chiamata di Sannino: “Mi aveva chiesto di entrare nel suo staff al Watford. Quello inglese è un calcio che vive di passione”. Poi Grecia ed Emirati Arabi. Esperienze uniche: “Tra Serie A, Championship, la Grecia sono cresciuto molto. Sono vissuti che ti aprono la mente, entri in contatto con culture e paesi diversi. Insegnamenti importanti per la mia formazione”.
Progetto
Il ritorno in Italia e la voglia di una carriera da allenatore, forte degli insegnamenti del passato: “Ero pronto”. “Quando sono tornato qui il direttore Mavilla mi ha chiamato a Legnano”. Poi lo stop per il Covid. Una pausa per qualcosa di nuovo. Perché a volte i cambiamenti non si programmano. Arrivano e basta. “Torniamo a lavorare insieme?”. Dall’altra parte del telefono c’è Matteo Mavilla. Inizia l’avventura all’Alcione. Una la volontà: “Trovare il posto giusto per poter lavorare”. La Milano arancione il suo posto nel mondo. “Un universo in cui si voglia lavorare bene e costruire qualcosa in grande attraverso impegno e sacrificio è difficile”.
Un concetto spesso abusato quello di “progetto”. Spesso, non sempre. Non all’Alcione: “È partito tutto ormai quattro anni fa. L’obiettivo era arrivare nei professionisti entro tre anni”. Un viaggio partito con la consapevolezza che i risultati si ottengono con il tempo, il lavoro, costruendolo su solide basi. Senza scorciatoie, come è stato per Cusatis. Incontrarsi, appunto. “Anche quando all’inizio ci sono state delle difficoltà. Non è mai messo in discussione niente e nessuno”. Testa al percorso.
Ambizione ed equilibrio
È nel tempo e nella pazienza che nascono le certezze, le consapevolezze, i traguardi. Ed è in quel percorso che si trova il motivo di una campionato vinto dall’Alcione dopo la delusione della mancata promozione: “Non è stato facile, la delusione è stata tanta nei ragazzi. Dopo un avvio difficile ci siamo confrontati, da lì è partito la nostra cavalcata”. La vittoria del campionato, una prima volta nei professionisti da sogno: “Ho ancora in me l’immagine della festa all’Arena. Un traguardo che sentivamo nostro”. Creato, pensato e voluto da quel gruppo nato tre anni prima. Ed è in quello che si spiega una partenza come quella di quest’anno con un terzo posto e cinque vittorie consecutive.
“Ma noi restiamo focalizzati sul nostro cammino”. Concetti chiari. L’equilibrio, “senza mai perdere di vista il nostro percorso”. La cultura del lavoro e “la possibilità di sbagliare. Però bisogna riprovarci, ci deve essere la reazione”. L’importanza delle persone: “Da noi prima viene l’essere umano. Oltre che calciatori sono ragazzi con le loro vite e difficoltà, bisogna sempre ricordarselo”. La strada è tracciata. Valori chiari e precisi. Come nei suoi due libri preferiti: “’L’arte della guerra’ di Sun Tzu e ‘Manuale del guerriero della luce’ di Paulo Coelho”. Arrivederci alla prossima pagina.