Dagli allenamenti con le giovanili dell’Atalanta fino al campionato professionistico, Alborghetti: “La Giana Erminio è il mio riscatto”

Mattia Alborghetti con la maglia della Giana Erminio, crediti A.S. Giana Erminio, www.lacasadic.com
Un sogno che si avvera: Mattia Alborghetti
Un percorso fatto di salite, ostacoli e sogni tenuti stretti con i denti. Un viaggio lungo, vissuto con determinazione e coraggio, che oggi si chiama Giana Erminio. A raccontarlo è Mattia Alborghetti, difensore e anima combattiva della squadra, che ai microfoni de LaCasadiC ha ripercorso la propria carriera, dalle giovanili dell’Atalanta ai campi della Serie C.
Una categoria tanto attesa ma conquistata con carattere e determinazione: “Il progetto Giana è stato un’occasione che ho voluto con tutto me stesso. Dopo otto, nove anni di Serie D, era il momento di provarci davvero. Il mio sogno è sempre stato quello di diventare un professionista. Questa società mi ha dato fiducia e lo spazio per dimostrare il mio valore. È stato un matrimonio che ho voluto prima per me, poi per gratitudine verso chi ha creduto in me”. Una strada lunga, dove il professionismo sembrava sempre lì, a un passo… ma mai veramente afferrato. Anche quando era al Lecco in Serie C, Alborghetti non era mai sceso in campo. Ma ci torneremo.
Il suo percorso con la Giana Erminio comincia nella scorsa stagione. Un nuovo ambiente, ma un’aria familiare fin da subito. “Integrarmi è stato facile. C’erano tanti nuovi, ma anche una base solida e un gruppo unito. L’allenatore Chiappella è stato fondamentale: ti fa sentire parte di qualcosa di grande. Qui c’è un vero concetto di squadra”.
E con quella squadra, Mattia vive le sue prime emozioni da professionista. Difficili da descrivere, impossibili da dimenticare. “È stata la mia prima stagione tra i pro, un sogno. All’inizio ho faticato, è normale. Ma mai avrei immaginato di giocare playoff nazionali in stadi come Terni o Monopoli. Ogni partita era un’emozione. Sentivamo che potevamo fare qualcosa di importante. Peccato per come è finita la Coppa Italia”.
L’esordio, il gol, essere vicecapitano: “Mi porterò tutto dentro”
Il debutto contro il Vicenza, davanti a 10.000 persone, è il punto di svolta. “L’ho sentita tanto, sì. Dopo anni, trovarmi lì è stata un’emozione fortissima. La porterò sempre con me”. Poi arriva anche il primo gol con la maglia della Giana, in Coppa Italia di Serie C. “C’erano la mia famiglia, la mia fidanzata… Il gol del 3-0, magari non decisivo, ma per me è stato una liberazione. Dopo tutto il percorso fatto, aveva un significato enorme”.
La nuova stagione è cominciata con qualche difficoltà. La Giana oggi è al dodicesimo posto con 9 punti, e tanti volti nuovi da integrare. “Quest’anno dobbiamo essere bravi a resettare. Sarà più dura dell’anno scorso. È cambiato l’allenatore, lo staff… ma lo spirito di gruppo è la nostra forza. Tocca a noi dell’anno scorso aiutare i nuovi a sentirsi parte del progetto. Solo così possiamo rifare qualcosa di grande”. Una vittoria fondamentale è arrivata contro la Pro Patria, con tanto di gol di Alborghetti, il primo di questa stagione: “Mi sono convinto. Sapevamo che serviva vincere dopo due sconfitte. Quel gol è stato un messaggio: possiamo giocarcela con tutti”. E infine, una sorpresa che lascia il segno: vice-capitano contro il Lumezzane. “Me l’hanno detto dopo il riscaldamento. Non me l’aspettavo, è stato bellissimo. Significa che qualcuno ha visto qualcosa in me. È un orgoglio enorme”.

Un sogno coltivato da bambino e costruito con sacrifici
Fin da piccolo, Mattia sapeva che avrebbe voluto fare il calciatore. “Sono cresciuto allo stadio. Tra chi tifava Atalanta e chi Milan. Non ho mai fatto altri sport. Il mio idolo era Thiago Silva”. Crescendo, però, i punti di riferimento cambiano: “Mi affido molto al mio allenatore, Vinicio Espinal, con cui ho anche condiviso due anni da compagno di squadra”. Il suo percorso verso il professionismo è iniziato nel settore giovanile dell’Atalanta: “Lì ho giocato spesso con Alessandro Bastoni. Il mio sogno è affrontarlo in campo da avversario. Abbiamo un bel legame, nato soprattutto negli anni tra gli Allievi. Sarebbe davvero speciale. Ci siamo rivisti di recente, dopo Sassuolo-Inter”. Tra le tante tappe della carriera di Mattia c’è l’esperienza a Lecco. Con i lombardi ha vinto uno scudetto di Serie D. Ma la Serie C, lì, non è mai cominciata davvero. “Non dovevo andare a Lecco. Loro avevano iniziato già il ritiro, poi un giorno mi ha chiamato Gaburro. Mi ha detto di raggiungerlo in ritiro.. da lì una nuova avventura: lo scudetto e la promozione. Non ho mai giocato in C. I primi mesi non sono riuscito a starci dietro. La colpa è mia. È stato un periodo duro, ma sono felice di non aver mollato. Sarebbe stato facile farlo, ma non l’ho fatto”.
Una separazione arrivata in corsa, in un momento difficile. Ma non era solo. “La mia ragazza Valentina è stata fondamentale. Mi è sempre stata vicina. Senza di lei, forse non ce l’avrei fatta. Anche la mia famiglia è sempre presente: mio padre guarda tutte le partite, mio fratello viene appena può, come anche mia sorella e mia mamma. Ho un supporto importante anche da parte dei miei suoceri che mi seguono sempre. Per la finale di Coppa contro il Rimini mio fratello ha portato uno striscione… mi vergognavo un po’, ma conservo la foto”. Ed è proprio questo legame con la famiglia che Mattia porta sulla schiena quando scende in campo: “Il mio numero è sempre stato il 33 per Thiago Silva”. Oggi il numero che lo rappresenta è il 27, nato per caso ma diventato un simbolo. “Il 27 è il numero preferito della mia ragazza. Poi la mia famiglia mi ha fatto notare che ricorre nelle nostre date di nascita. Me lo sono sentito addosso, e adesso ha un valore forte”.
Oltre il calcio: “Non sono solo un’atleta”
Oggi Alborghetti non ha più un ruolo fisso: si è trasformato in un jolly difensivo, pronto a giocare dove serve, sempre con lo stesso spirito. “Non mi sento più legato a un solo ruolo. Mi trovo a mio agio ovunque. E per come è diventato il calcio oggi, saper fare più cose è un valore. Quest’anno mi sento anche più libero di cercare il gol. Spero ne arrivino altri, vorrei battere il mio record fatto in Serie D”.
Ma Alborghetti non è solo un calciatore: ha già conseguito una laurea e sta seguendo un master online. “Per l’università ho scelto un corso senza obbligo di presenza. Il master me lo gestisco io. La mia giornata tipo è andare in palestra, studiare, allenarmi, passare del tempo con la mia ragazza Valentina, i miei cani Oliver ed Ettore. Le serate con i miei migliori amici, la mia nipotina e i videogiochi. Devo dire che mi è piaciuto fare l’università, non mi è pesato”.
Oggi Mattia Alborghetti è molto più di un difensore. È un esempio di tenacia, crescita e umiltà. Un ragazzo che ha saputo rialzarsi e conquistare il proprio sogno a piccoli passi. A testa alta. “Ci teniamo la classifica, che non è così brutta. Ma non ci basta. Andiamo avanti. Subito”.