Gesuè: “A Campobasso i giovani al centro del nostro progetto”

In esclusiva, per La Casa di C, il presidente del Campobasso, Mario Gesuè ci parla del suo progetto sportivo e del ruolo fondamentale dei giovani all'interno del club molisano.

24 Settembre 2021

Redazione - Autore

Il Molise ritrova il professionismo grazie a Mario Gesuè, presidente del Campobasso e rappresentante legale della Halley Holding, che dal 2019 ad oggi è riuscito a creare una solida realtà sportiva. I lupi molisani, dopo 9 anni, sono ritornati in Lega Pro vincendo il girone F del campionato di Serie D. Intervistato in esclusiva per “La Casa di C”, il numero uno del Campobasso, ci racconta la sua idea di calcio, del perchè bisogna investire nei giovani e di cosa migliorerebbe all’interno del sistema calcio.

Il Campobasso ha avuto un buon avvio con il campionato di Lega Pro, 1 vittoria, due pareggi e una solo sconfitta. A cosa ambite e cosa le piace della sua squadra?

Il nostro obiettivo è ottenere la salvezza quanto prima. Non è semplice perchè è un campionato difficile da come si vede dai primi risultati. Forse il livello si è alzato e lo si capisce anche dalle difficoltà che alcune squadre stanno trovando sul cammino iniziale. Alcune società, che hanno un monte ingaggi sostanzioso e hanno speso tanto in sede di mercato, non hanno ancora ottenuto i risultati sperati. Il secondo obiettivo è quello di farci conoscere nel calcio che conta, dando visibilità al nostro progetto e in ultimo, cercheremo di valorizzare i giovani su cui abbiamo investito in questi anni.

Gesuè Mario: “Aumento di capienza una vittoria di tutti noi”

Con molto impegno, e non poche polemiche, è riuscito ad ottenere l’aumento di capienza dello stadio Selvapiana. Come giudica questo successo?

Questa non è una vittoria nostra ma di tutti noi. Si è mobilitata una regione intera per l’ampliamento della capienza dello stadio Selvapiana, penso che questa sia uno dei risultati più belli ottenuti in questi tre anni di lavoro. Siamo riusciti a muovere e convincere una regione intera, è un ottimo risvolto per il Campobasso.

In passato, alcune società neo promosse si lamentavano delle molte difficoltà che riscontravano con l’approccio al calcio professionistico. Lei, a guida del Campobasso, hai riscontrato dei problemi?

L’approccio è stato sicuramente bello. Noi veniamo da tanti anni di Serie D e l’inizio posso dire che è stato affascinante. Non abbiamo trovato difficoltà ad affrontare un campionato di questo livello se non quelle naturali di quando si scende in campo. Noi lo stiamo vivendo come un bambino al parco giochi: abbiamo gli occhi lucidi nel girare i vari stadi d’Italia e cerchiamo di migliorare con il confronto il nostro lavoro. Finora abbiamo visitato molti club storici del calcio italiano, abbiamo trovato davanti a noi un campionato importante. Abbiamo incontrato l’Avellino, il Taranto e la Juve Stabia pochi giorni fa che ci hanno fatto rivivere esperienze importanti.

Fotografia gentilmente offerta dall’ufficio stampa del S.S. Campobasso Calcio

Il ruolo dei giovani nell’universo Campobasso

Quant’è importante per le società di Lega Pro dar spazio ai giovani?

Io parlo per quello che siamo noi, non tutte le società sposano realmente questa filosofia. Un discorso è far giocare dei giovani per ottenere il guadagno, quindi sposando la linea del minutaggio, altra cosa è credere veramente nel giovane che si porta in rosa. Noi abbiamo fatto una scelta molto forte: non abbiamo cercato giovani di categoria superiori (proveniente da Serie A e B), abbiamo investito sui nostri calciatori, escluso uno solo, offrendo contratti pluriennali e rendendoli tutti di nostra proprietà. Per noi non si tratta di una scelta di guadagno ma è voglia di credere e di puntare sul lancio di nostri calciatori con la speranza che possano approdare in altre categorie. Lanciare i giovani non è facile, il calcio va molto veloce e a volte non si ha il tempo e la pazienza per valorizzarli. Ma la nostra filosofia è questa. Non dobbiamo aver paura della nostra linea, soprattutto quando i risultati non arriveranno. Se abbiamo scelto una direzione dobbiamo seguirla fino alla fine e di migliorarla lì dove non si sta riuscendo.

Mirko Cudini allena la sua squadra dal 2019, cosa vi lega in questo progetto sportivo?

Sicuramente l’ambizione e la voglia di lavorare. Devo riconoscere a mister Cudini che si tratta di un lavoratore instancabile, un perfezionista, cerca sempre di tirare il meglio da tutti. In ogni situazione vede, come me, il bicchiere mezzo pieno. Ma questa è una caratteristica che accomuna tutto il nostro staff. La filosofia funziona se tutti ragionano alla stessa maniera. Il mio modo di pensare può esser fine a se stesso se non si trovano persone con cui condividerlo e che siano capaci di metterlo in pratica. Se il progetto Campobasso esiste oggi è perchè ci sono persone che mettono in atto le mie idee. Colgo l’occasione per ringraziare il mister ma anche e soprattutto il direttore responsabile dell’area tecnica, Luigi Mandragora, e il direttore sportivo De Angelis che mettono in atto quelle che sono le idee della proprietà. Noi cercheremo di tenerci stretto mister Cudini, la vittoria non arriva per caso, ma solo con le giuste competenze.

Fotografia gentilmente concessa da Ufficio Stampa S.S. Campobasso Calcio

In Lega Pro si discute tanto dei cambiamenti del format, con una riforma dei campionati che incombe. Lei cosa proporrebbe per migliorare l’appeal della competizione?

Ancora devo comprendere quale sarà la riforma del calcio italiano. Sento tante voci ma non vedo nulla di deciso. Non ho una medicina specifica, non mi reputo molto preparato su questo. Credo che dobbiamo certamente puntare su una migliore vendita del nostro prodotto. La Serie C rappresenta al meglio lo spaccato della nostra nazione, rappresenta molte città importanti e in parte anche un pò dimenticate. Noi dobbiamo costruire un campionato bello e affascinante. Da dentro, mi rendo conto, che la Serie C in alcuni momenti è anche più bello della stessa Serie B. Nell’ultima riunione di Lega ha fatto presente il mio dubbio attinente alla svendita del prodotto televisivo.Noi dobbiamo esser convinti di aver un prodotto importante tra le mani e venderlo alle televisioni. Inoltre questo non basta: dobbiamo riportare i tifosi negli stadi! Si è dimostrato, con l’avvento della pandemia, che nonostante milioni di italiani era costretti a vivere in casa, la Serie A è stata venduta ad un prezzo più basso di quello degli anni precedenti. Questo avviene perchè il calcio non piace senza i tifosi, non è retorica, è un dato di fatto. Il prodotto calcio piace con i tifosi sugli spalti. Noi dobbiamo portare le persone allo stadio e non davanti ai televisori per immaginare un aumento di ricavi per i nostri club. Basterebbero poche cose per migliorare il prodotto calcio secondo la mia opinione.

A cura di Michelangelo Freda

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