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Padova, un anno dopo l’Alessandria: ci vuole coraggio

Serve coraggio ad essere un tifoso del Padova. Soprattutto dopo quest’annata. Serve coraggio, perché, ancora una volta sotto il sole di giugno la stagione non è finita. Questione di momenti, di dettagli. Come era successo con Mandorlini in panchina nella finale dei playoff contro l’Alessandria, la Serie B è sfuggita per centimetri. I tiri dal dischetto e l’errore di Gasbarro – sinistro fuori dallo specchio della porta – si possono paragonare alla paratona di Poluzzi sul colpo di testa di Pelagatti nei minuti finali, quando gli uomini di Oddo avrebbero potuto superare il Sudtirol nello scontro diretto per la vetta ad aprile. Ci vuole coraggio, dicevamo, a tifare il Padova quando la tua squadra è a 1400 chilometri di distanza per affrontare un avversario che non perde da febbraio e più precisamente da 15 partite.

Il maxi schermo nel verde

“Servirà coraggio e tecnica” ha commentato ieri Oddo in conferenza stampa ma “avere 500 tifosi in Sicilia è tanta roba”. E dei 5 mila posti al Parco della Musica di Padova, allora? Dal tardo pomeriggio sotto i raggi cocenti sono cominciati ad affluire bambini, giovani, ragazze, anziani. Persone di tutte le età per accaparrarsi un posto in prima fila davanti al maxischermo installato nel verde per seguire la partita del Barbera dove normalmente ci si rilassa per ascoltare i concerti.

Stasera, purtroppo o per fortuna, relax non sarà una parola presente nel vocabolario dei tifosi. Il Padova ha a disposizione soltanto 1 risultato su 3 per conquistare dopo tre anni assenza la B. Non si sa come andrà a finire. I playoff sono sempre stati una consuetudine, ma a giugno, la squadra di Oddo è sempre stata rimandata a settembre. Con Oddo si è fatto di tutto per recuperare le “materie”, ora ne resta soltanto una: la promozione.

A cura di Andrea Molinari

Redazione

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