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Il Foggia di Zeman, Firenze e la panchina: Turris, ecco a te Pasquale Padalino

Era lo scorso 12 maggio quando Siena salutò Pasquale Padalino. Da quel giorno sono passati più di tre mesi, il campionato è finito ed ogni appassionato ha potuto sfruttare il week end senza partite per rilassarsi sotto l’ombrellone. Sì, stare al mare e rinfrescarsi è molto bello. Ma quanto è difficile per un allenatore passare l’estate sapendo che non inizierà il ritiro con la squadra? Tanto. E così, Pasquale Padalino ha accettato subito la chiamata della Turris tornando in sella. Altro giro, altra corsa.

Pasquale Padalino ed il Foggia di Zeman nel ’91

In realtà, la carriera calcistica di Pasquale Padalino non è nata sulla panchina. Il pallone nella sua vita è sempre stato un mantra e Pasquale fa i primi passi nel mondo del calcio con le scarpette ai piedi. E di qualità il ragazzo ne aveva. Fu il Foggia, in Serie C, a riconoscere le capacità del calciatore dandogli la possibilità di entrare nella rosa. Quanti ragazzi sognano ogni giorno di poter vestire la maglia della propria città ed esultare sul campo che hanno sempre guardato dagli spalti? Infiniti. Ma Pasquale Padalino ci riuscì e a dargli la possibilità di inserire nel proprio curriculum il sogno di una vita non fu una persona qualunque, ma Zdenek Zeman. L’allenatore non aveva dubbi: sì, il ragazzo era bravo a centrocampo, ma in difesa sembrava avere qualcosa in più. Un semplice spostamento. La sigaretta tra le labbra ed il fumo che offuscava lo sguardo del boemo sempre fisso sul campo. Intuizioni. In difesa Padalino trovò lo spazio necessario per crescere e conoscere ogni segreto grazie alle indicazioni di Zeman. Il Foggia in quel lontano 1991 riuscì a vincere il campionato di Serie B accedendo alla massima serie. Rambaudi, Baiano e Signori. Niente male come compagni di squadra a vent’anni.

Dalla Serie A sul campo alla panchina

Da quel momento il nome di Pasquale Padalino entrò definitivamente nel calcio italiano. Prestanza fisica e presenza costante dietro le spalle dell’attaccante avversario. Quindici presenze sul quel campo che da piccolo aveva sempre sognato di calcare. Vivere un sogno sapendo di essere nella realtà. Dopo quel campionato in Serie A allo Zaccheria, Padalino passerà per Bologna, in Serie B, dove la squadra retrocesse in C e per Lecce, dove ritrovò la massima serie nazionale. Soltanto due anni dopo tornò a vestire la maglia della sua città con Enrico Catuzzi alla guida della squadra. Qualità e voglia di lasciare il segno. Padalino lascerà Foggia per fare tappa a Firenze. Ranieri in panchina, Baiano, Batistuta e Rui Costa sul campo assieme a lui. All’ombra di Santa Maria in Fiore il giocatore ci restò per cinque stagioni. Al centro della difesa viola vinse una Coppa Italia ed una Supercoppa Italiana. Milano, dove non si ritagliò lo spazio necessario per crescere con l’Inter per un infortunio, Bologna e Como saranno le sue ultime squadre con le scarpette ai piedi. Poi l’età che avanza, i giovani che arrivano e le ginocchia che non sono più quelle di una volta. Così, Pasquale Padalino decise di lasciare il calcio. Per sedersi in panchina.

La chiamata della Turris

Quanto è difficile per un appassionato smettere di giocare sapendo che non inizierà il ritiro con la squadra? Tanto. Anzi, troppo. Lasciare il calcio dopo la vita con le scarpette allacciate ai piedi non è semplice. Padalino però dal calcio non si voleva separare. Motore delle sue ambizioni sin da piccolo, cominciò a calpestare la linea bianca allenando come vice alle spalle di Gian Piero Ventura, prima a Verona, poi sotto la Torre Pendente di Pisa. L’esperienza su una panchina da primo allenatore arrivò nel 2009. I colori erano il rosso ed il nero, la squadra la Nocerina. Soltanto l’anno successivo Padalino abbracciò nuovamente il rosso ed il nero della sua città. E dopo tre anni in giro per Matera, Grosseto e Lecce, l’allenatore ebbe l’opportunità di vivere ancora una volta lo Zaccheria dalla panchina prima di arrivare alla Juve Stabia. Oggi, Pasquale Padalino è pronto a tornare in sella. Dopo l’avventura a Siena, la Turris ha bussato alla sua porta. Quando il campo chiama, tirarsi indietro è impossibile. Altro giro, altra corsa.

A cura di Jacopo Morelli

Redazione

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