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Pescara: Plizzari, la storia di un campione che ha fatto delle lacrime la sua forza per rinascere

Alessandro Plizzari (IMAGO)

Alessandro Plizzari (IMAGO)

Il portiere del Pescara si racconta a Consapevolezze su Gianluca Di Marzio

Alessandro Plizzari non ha solo difeso una porta. Ha difeso un sogno. E lo ha fatto da protagonista assoluto nella finale playoff tra Pescara e Ternana, decisa ai calci di rigore dopo una battaglia epica, fatta di tensione, fatica e un finale che sembra scritto per il cinema. Il portiere si è raccontato a Consapevolezze su Gianluca Di Marzio (L’articolo completo) .

«Ale, noi te la portiamo ai rigori, poi ci pensi tu». Glielo dice Letizia, poco prima che i supplementari finiscano. Parole semplici, ma cariche di significato. Parole che raccontano la fiducia, quella vera, che un gruppo ripone nel proprio portiere. E che per Plizzari significano tutto: il riconoscimento di un percorso di crescita, di una maturazione vissuta tra parate e cicatrici.

Lo stadio Adriatico è pieno. All’andata il Pescara aveva vinto 1-0, ma al ritorno le cose si complicano: rosso, inferiorità numerica e gol subito. Minuto 107. Damiani calcia. Plizzari vola, la prende. Ma nell’atterraggio il polpaccio sinistro si blocca. Un dolore lancinante, sembrava il tendine d’Achille. Si prepara la barella, ma non ci sono cambi. Lui stringe i denti. E poi quel coro dagli spalti: «Plizzari, Plizzari, Plizzari». Non può mollare. E non lo fa. Si va ai rigori. E lì, il portiere del Pescara si trasforma.

Usa perfino il dolore a suo favore: il sinistro è infortunato, così finge che sia il destro a far male. Prima di ogni rigore si tocca quella gamba, per confondere gli avversari. Funziona. Ma non è solo strategia: c’è lo studio, il lavoro settimanale con il preparatore Nardini. Ferrante è il primo. “La apre”, dicono dalla panchina. Plizzari si fida. Parata. Poi Casasola. L’indicazione è di buttarsi da una parte, ma l’istinto dice altro. Si fida di sé stesso. Parata. E infine Donnarumma. Tira. Plizzari capisce, intuisce. E respinge anche quello. La terza parata della serata. La promozione è realtà. Chiama i medici, il dolore è tornato forte. Ma prima ancora che arrivino, viene travolto dai compagni. Abbracci, urla, lacrime. Pescara torna in Serie B. Plizzari piange. E continuerà a farlo per ore. Perché certe notti non si dimenticano. Si vivono, si soffrono. E si portano dentro per sempre.

Tra Pescara e aspettative

Fin dall’inizio della stagione ho sentito che qualcosa di speciale stava per accadere. La chiave è stata il gruppo e il lavoro di Baldini, che ci ha uniti come una vera famiglia, insegnandoci valori profondi come l’onestà, il sacrificio e l’importanza di vivere il percorso più che inseguire solo il risultato. Nonostante le accuse infondate di aver simulato un infortunio, so di aver dato tutto me stesso. Ricordo ancora il simbolo del bastoncino spezzato, un’immagine potente che rappresentava la nostra forza: da soli fragili, insieme invincibili. Non voglio essere chiamato eroe, perché lo siamo stati tutti, protagonisti di una notte indimenticabile. Pescara mi ha dato la possibilità di rinascere come uomo e calciatore, e io volevo ricambiare regalando una gioia a questa città che mi ha accolto con fiducia nella mia “seconda vita.

Sì, quella seconda vita è davvero iniziata dopo l’operazione alle ginocchia nel 2021. Avevo voglia di ricominciare, di costruire la mia strada senza il peso di un paragone troppo grande. Ma per capire davvero, bisogna tornare a quando tutto è iniziato: quella strada tra Crema, la mia città natale, e il Vismara, il centro di allenamento del Milan. Ci sono entrato da bambino, quasi per caso. Ricordo che la mia famiglia mi aveva detto che saremmo andati a Gardaland, e invece mi sono ritrovato con i guanti in mano e la maglia rossonera addosso. Da allora non l’ho più tolta. È stata la mia casa per anni, dalle giovanili fino alla prima squadra. Un punto fermo di quel percorso è stato Gigi Ragno, una figura quasi paterna, che mi ha sempre detto di essere una spugna. E così ho fatto, imparando da tutti: Abbiati, Diego Lopez, Storari, Maignan, Donnarumma… proprio lui, Gigio. Quanti viaggi in pulmino con lui, accompagnati dalle sue canzoni napoletane. Nel 2016 è arrivata una frase che ha cambiato tutto: Berlusconi mi ha paragonato a Donnarumma, dicendo “Plizzari è forte quanto Gigio”. All’inizio non ne ho capito il peso, ma col tempo ho realizzato quanto fosse importante. Da quel momento sono nate grandi aspettative, a volte difficili da gestire. Ho imparato a convivere con le critiche, anche quelle feroci sui social. E sì, ci sono rimasto male: ero giovane e tutto sembrava più grande di me.

Plizzari con la maglia del Pescara, credit: Pescara Calcio 1936 _ Mucciante / www.lacasadic.com
Plizzari con la maglia del Pescara / credit: Pescara Calcio 1936 _ Mucciante / www.lacasadic.com

La rinascita

Nel 2017, dopo il prestito alla Ternana in Serie B, ho affrontato insicurezze, errori e pressioni che mi hanno fatto perdere fiducia e serenità, una condizione che si è ripetuta anche nelle esperienze successive a Livorno e Reggio Calabria. Le critiche e la sfiducia dei compagni mi hanno ferito profondamente, spingendomi a cambiare.

Tornato a Milano, ho affrontato un’operazione alle ginocchia e un difficile percorso di riabilitazione, che mi ha portato a iniziare un lavoro sulla mia salute mentale con l’aiuto di una mental coach. Grazie a questo percorso ho imparato a unire la persona e il giocatore, accettando la fragilità come forza e maturità. Oggi sono un uomo consapevole, che non rimpiange nulla del passato perché solo attraverso le difficoltà si può davvero rinascere. Per me, la promozione con Pescara rappresenta proprio questa rinascita, come raccontano le lacrime e il coro dei tifosi: “Plizzari, Plizzari, Plizzari”.

 

L’articolo completo sul sito Gianluca Di Marzio