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Gallazzi e il modello Alcione: “Nel nostro vivaio formiamo futuri manager”

Il presidente dell'Alcione Milano, Giulio Gallazzi con GIovanni Cusatis (Credit: Alcione Milano)

Il presidente dell'Alcione Milano, Giulio Gallazzi con GIovanni Cusatis (Credit: Alcione Milano)

La seconda parte dell’intervista a LaCasaDiC del presidente dell’Alcione Milano (qui la prima parte): “Lo sport prepara alla vita, sosteniamo la sinergia tra calcio e studio e vogliamo esportare il nostro modello in Europa”

Una delle realtà più interessanti del calcio italiano cresce a meno di un chilometro dallo stadio di San Siro. Lavoro sui giovani, tradizione meneghina e innovazione: l’Alcione Milano, al suo secondo anno di Serie C, vuole essere sempre più protagonista. Lo racconta il presidente, Giulio Gallazzi, ai microfoni de LaCasaDiC: “Vogliamo esportare il nostro modello in Italia e in Europa”.

Sport, istruzione, crescita: il ‘modello Alcione’ guarda ben oltre i novanta minuti. Per spiegarcelo Gallazzi ci accoglie, con il segretario generale Maurizio Stinco e il direttore sportivo Matteo Mavilla, al Centro Sportivo Kennedy, un pezzo di storia del calcio milanese: “Qui sono cresciuti tanti campioni”. L’ultimo in ordine di tempo? Nicolò Rovella, “che viene spesso a trovarci: significa che lasciamo qualcosa nel cuore dei ragazzi”.

L’Alcione è da sempre uno dei migliori settori giovanili di Milano. I suoi valori? Gallazzi sale in cattedra: “Innanzitutto questo club per me è un impegno di cittadinanza, di amore per lo sport e di inclusione verso i giovani. Ancora oggi rispettiamo i valori fondanti dell’atto costitutivo del club: l’Alcione è nato per raccogliere i ragazzi e avviarli allo sport. Era il 1952, un contesto completamente diverso – il dopoguerra – ma oggi il fine resta il medesimo. Aver portato questo club in Serie C, tra i professionisti, significa che, attraverso l’impegno, la dedizione e lo sviluppo della filiera giovanile, è possibile ottenere grandi risultati. Quindi sì, si può fare calcio a Milano anche senza essere Inter o Milan e lo si può fare anche con un professionismo ‘pane e salame’”.

Dal football americano alla finanza: “Lo sport prepara alla vita”

Gallazzi, classe 1964, è al vertice dell’Alcione dal 2017. Imprenditore e uomo di finanza, è CEO di SRI Group Global, ma ha alle spalle un passato da atleta di successo: Sono stato giocatore di football americano. Campione europeo con l’Italia e capitano della nazionale, MVP del campionato e tra i pochi italiani a cui è stata offerta la possibilità di un camp negli Stati Uniti, in NFL, per tentare la carta tra i professionisti. Quella per il football è stata una folgorazione che ho vissuto in America, alla Virginia Tech University: sono andato per giocare a basket e sono tornato giocatore di football. Devo il mio successo nel mondo della finanza tanto allo studio quanto allo sport. Lo sport ti prepara alla vita: nell’allenamento quotidiano, nella capacità di apprendere dalle sconfitte e di essere ambizioso ma razionale, di capire dove bisogna migliorare e affrontare le proprie responsabilità”.

Il presidente dell'Alcione Milano, Giulio Gallazzi (Credit: Alcione Milano)
Il presidente dell’Alcione Milano, Giulio Gallazzi (Credit: Alcione Milano)

Gallazzi: “Sport e studio possono coesistere, qui prepariamo manager”

Sulla strada tracciata da Gallazzi è evidente l’influenza americana: “Sosteniamo la sinergia tra sport e scuola. Siamo contro l’idea che per il calcio si debbano abbandonare gli studi o che viceversa se ci si vuole creare un futuro studiando non si debba ‘perder tempo’ giocando a calcio. Vogliamo dimostrare che si possono fare entrambe le cose con successo: da anni prepariamo i ragazzi allo studio con dei tutor e abbiamo un basso grado, in diminuzione costante, di bocciature. L’Alcione per noi è una scuola di vita, di educazione civile, di rispetto del prossimo e delle regole. Sappiamo che anche in una filiera giovanile straordinaria come la nostra, la percentuale di giocatori che diventerà professionista è single digit, molto limitata. Ma noi pensiamo che la Orange Generation sia un’esperienza che possa preparare dei manager del futuro, degli amministratori pubblici, degli arbitri, degli allenatori: vogliamo che quando i nostri ragazzi usciranno da qui, se non sono diventati calciatori professionisti, abbiano comunque investito bene il loro tempo”.

“Vincere con rispetto, perdere con dignità”

Un settore giovanile che punta a formare i manager del futuro e che intanto ha formato… i calciatori del presente: “Sei giocatori della nostra prima squadra arrivano dal vivaio, un dato di cui siamo orgogliosi”. Le squadre under dell’Alcione sono un marchio di fabbrica per il club: per molte annate, gli orange hanno una ‘prima’ e una ‘seconda’ squadra. E capita che la ‘seconda’ sia così forte da giocarsela con la ‘prima’: “Quando eravamo dilettanti, l’Atletico Alcione (ex nome della ‘seconda’ squadra giovanile) era talmente forte che aveva guadagnato la promozione nei campionati Élite e quindi ci trovavamo spesso nelle fasi finali a giocare derby interni tra Alcione e Atletico. Significa che il nostro prodotto sportivo è di alta qualità”. E non solo: “Spesso riceviamo complimenti sul comportamento dei nostri ragazzi delle giovanili ai tornei o quando tornano dai ritiri. Anche il prodotto educativo è di alta qualità. E questo non significa che i nostri siano dei lord che non sanno scatenarsi. Solo che lo fanno in campo e vincono”.

Perché l’Alcione “non gioca solo per partecipare: nello sport come nella vita bisogna essere ambiziosi e puntare a vincere”. Un mantra ricorrente, che riempie le pareti del Kennedy: “Vincere con rispetto, perdere con dignità”. “Questi sono i nostri valori e arriveremo in alto senza tradirli: il DNA dell’Alcione è insostituibile”. Firmato, Giulio Gallazzi.