Quando si pensa a Claudio Ranieri si ha negli occhi, più o meno in automatico, la stagione 2015-2016. Quella cavalcata straordinaria che regalò a Vardy e compagni un trionfo in Premier League quotato inizialmente a 5000:1 dai bookmakers britannici. Un’impresa storica, ciliegina di una carriera infinita. Dalla Roma all’Inter, dalla Fiorentina alla Juventus. Poi Chelsea, Valencia, Parma e Monaco. L’attuale allenatore del Watford è tra le figure più rappresentative del calcio mondiale.
Lui, che è partito dal basso. Lo chiamavano er Pecione, perchè per qualcuno non è che fosse proprio un fenomeno da giocatore e quando calciava spesso mandava la palla dritto per dritto. Claudio cominciò a giocare giovanissimo nell’oratorio di piazza San Saba, a Roma. Come attaccante a sedici anni fu arruolato nel Dodicesimo Giallorosso. Pochi anni dopo lo notò Helenio Herrera e fu tesserato per la Roma. A 17 anni l’allenatore della Primavera, Antonio Trebiciani, decise di cambiargli ruolo, trasformandolo in terzino. Da lì l’esordio in A e il passaggio al Catanzaro.
Una scelta, quella di trasferirsi in Calabria nell’estate del ‘74 che – nonostante qualche reticenza iniziale – rappresenterà per Ranieri un’esperienza da non dimenticare. Otto anni, 253 partite, 10 reti e tante, tante soddisfazioni. L’allora difensore romano diventerà, col passare del tempo, la vera e propria colonna portante di annate bellissime e piazzamenti importanti (il settimo posto in Serie A raggiunto con Bruno Pace rappresenta ancora oggi il miglior risultato della storia del club). Traguardi che, nel 2016, gli regaleranno persino la cittadinanza onoraria di Catanzaro.
“Il nostro rapporto esula dal campo, abbiamo condiviso sette anni a Catanzaro. Un legame talmente intenso che, quando il sabato andavamo in ritiro, sua moglie si trasferiva da me. Un aneddoto simbolo della fiducia che c’era e che c’è ancora, perché ci sentiamo ogni giorno”. A tratteggiare l’uomo Ranieri ci pensa Massimo Palanca, attaccante di quel Catanzaro: “In campo Claudio era generoso, comandava egregiamente il reparto, trasmetteva così tanta sicurezza che persino l’allenatore gli chiedeva occasionalmente consigli: era già un allenatore nato”. E guai a non considerarlo fra i grandi d’Europa nel mestiere: “Lasciando stare quello che ha fatto a Leicester, dove tra l’altro fu esonerato solo per colpa di qualche invidioso, lui ha allenato ovunque, traendo il meglio da tanti giocatori come ad esempio Vardy e Giuseppe Rossi. Solo Ranieri poi poteva vincere quella famosa Premier, perché queste tipo di imprese sono concesse a grandi uomini prima che a grandi allenatori”. Un rapporto umano, quello fra Ranieri e Palanca, fortissimo ancora oggi: “Ci troviamo ancora in estate con vari compagni come Banelli e Silipo. La nostra é vera fratellanza, una connessione che include ormai anche le famiglie. So che potrei essere mal interpretato essendo suo amico però ripeto, l’allenatore del Watford non solo conosce il calcio ma é davvero un grande uomo”.
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