“Tutti pensano ad apparire. Io voglio essere”, parola di Silvio Baldini

Porta il Pescara in Serie B, ma vuole tornare alla vita quotidiana. L’intervista a Silvio Baldini tra aneddoti e racconti sul passato.
Lo aveva annunciato a inizio stagione e così è stato: Silvio Baldini, lo scorso 7 giugno, ha conquistato la promozione in Serie B con il suo Pescara. Momenti di alti e bassi si sono intrecciati durante il campionato, ma una cosa è certa: dedizione e rinunce da parte dell’allenatore non sono mancate.
In un’intervista esclusiva rilasciata al Corriere dello Sport ha dichiarato: “Tutti pensano unicamente ad apparire. Io voglio essere. E non rinuncio a questa condizione umana indispensabile”.
“Il mio amico Augusto, un professore che ha 88 anni e insegnava lettere antiche nei licei, mi dice: “Silvio, guarda che le parole oggi hanno un significato solo simbolico. Ma nascondono altro. E a me piace scavare dentro le parole come nelle cose della vita. Noi siamo apuani, ribelli indomiti da sempre. Come i Bebiani che i Romani deportarono nel suo Sannio, perché non riuscivano a dominarli e a sottometterli. Dovettero sradicarli. Io resto, invece, qui. Tra la mia gente e le mie montagne, insostituibili, che amo riscoprire all’alba con i miei cani, andando per funghi o a caccia”, ha affermato.
L’intervento dell’allenatore originario di Massa non lascia spazio ad alcuna interpretazione se non al desiderio di riprendersi la sua esistenza quotidiana. Baldini ha proseguito: “Per me Pescara è un luogo magico. Ma la mia famiglia allargata viene sempre prima. Perché senza famiglia va tutto in malora. Sei un uomo debole e fragile. La famiglia ti obbliga alle responsabilità e all’amore. Senza tutto ciò, la vita di un uomo non ha nessun significato”.
“Lo avevo promesso e l’ho fatto”
Esiste una ‘filosofia Baldini’? “Portare il Pescara in B lo avevo promesso e l’ho fatto. La mia unica filosofia è non lasciare che il tempo passi invano. Ma fare tutto con il massimo impegno possibile”, parola di Silvio Baldini. L’allenatore, poi, racconta della telefonata con de Zerbi: “Dopo le due finali con la Ternana, mi ha chiamato De Zerbi – che conosco dai tempi di Brescia, da ragazzino intelligente e silenzioso – e mi ha detto: “Silvio, secondo me tu hai messo il Pescara in campo benissimo, sempre salendo con la difesa. Se una squadra nel 2º tempo supplementare si alza come avete fatto voi, poi vinci e non per caso”. Senza lavorare tantissimo i risultati non arrivano. Sempre il mio amico Augusto sostiene che un allenatore in panchina – o un professore in cattedra – è bravo quando lo dicono i calciatori”.
“Non sono nessuno per dare indicazioni universali e non ho soluzioni ideali valide per tutti. Anzi, neppure voglio farlo. Le uniche cose che ti cambiano la vita sono la famiglia e l’istruzione. Poi mi piace stare con i pastori e i contadini perché sono persone che hanno rapporti diretti con la natura e conoscono le risposte che arrivano da essa senza compromessi. Esseri umani che ti dicono sempre le cose come stanno. Questo per me conta”.

Il rapporto con Conte, il “metodo Baldini” e il Palermo
Sul rapporto con gli altri allenatori: “Ho un bel rapporto con Conte e con De Zerbi. Antonio mi manda i video che faccio vedere alla squadra. Mi ha trasmesso dei messaggi anche quando allenavo il Palermo e ha stimolato i miei ragazzi a credere nelle loro possibilità. È la testimonianza che per raggiungere un obiettivo bisogna insistere soprattutto nei momenti più difficili e duri”. E alla domanda su cosa si fondi il suo metodo, ha replicato: “Non esiste e non voglio neppure sentirne parlare. Mi stanno sulle scatole certe etichette. Non c’è nessun metodo. I risultati dipendono dall’empatia che tu riesci a creare con le persone con cui lavori. Sebastiani e Foggia sono due persone straordinarie. E mi hanno messo nelle migliori condizioni possibili per fare calcio. Ed è nato un Pescara vincente in cui nessuno credeva”.
Baldini è tornato a parlare della sua esperienza con il Palermo: “Non venivo ascoltato. Se ti mettono tre massaggiatori e due preparatori atletici senza dirtelo, vuol dire che non conti niente. Meglio andare via. Il Palermo non me lo faranno più guidare, ma per i palermitani resterò sempre un loro allenatore. Come a Pescara sarò il tecnico dei pescaresi. Questo mi gratifica infinitamente”.
Sebastiani e la squadra
Sul presidente, Daniele Sebastiani, ha confessato: “Mi ha continuamente detto di andare per la mia strada. A Terni mi ha regalato un grande complimento. Mi ha fatto piacere quando ha detto che facevo ormai parte della sua famiglia. Cosa chiedere di più?”.
“Una squadra di eroi -ha risposto alla domanda su che Pescara lasciasse in eredità- Ragazzi che avranno una crescita esponenziale. I limiti di questi giovani calciatori non li conosce nessuno. E ora hanno una consapevolezza in più: solo il lavoro e i sacrifici ti migliorano. All’Empoli dicevano la stessa cosa. Ma abbiamo giocato sempre con gli attaccanti e allo stesso modo. In A vincemmo le prime quattro gare. E non fu per caso. Il Pescara ha 6/7 elementi potenzialmente da A. Servono altri giovani”.