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Anima di Cosenza, luce di Trieste: Kevin Marulla è ancora a caccia di sfide

Tifosi del Cosenza (Crediti: Andrea Rosito)

Tifosi del Cosenza (Crediti: Andrea Rosito)

Dopo 13 anni in rossoblù, il team manager raccoglie un’altra ”mission impossible”: la sua storia.

Leggi ”Marulla” e pensi a Cosenza. Leggi ”Cosenza” e pensi a Marulla. Complicità di sguardi che ha scritto la storia di un territorio, di una città, di una squadra. E di un gioco, il calcio, che giorno dopo giorno perde in valori, in trasparenza, in professionalità. Prerogative cruciali, che l’indimenticabile Gigi ha comunque saputo trasferire e tramandare, veicolando identità e appartenenza su quel campo che, oggi, porta fiero il suo nome. Nonostante tutto, nonostante tutti.

Ma qualcosa si è rotto. Inevitabile, dati i recenti smottamenti registrati dalla realtà silana: deficit societari, risultati scarni, ambiente debole e sfiduciato. Uno strappo che il passaggio del testimone, di padre in figlio, ha attenuato e, a tratti, anche ricucito, rassodato, se non proprio colmato. Specialmente nei momenti più difficili. Come? Con attaccamento, con dedizione, e con quell’ambizione comune che, però, sembra essere venuta meno. Perché, dopo 13 anni di servizio accorto, l’ultimo Marulla ha detto basta: Kevin non sarà più il team manager rossoblù.

Una lettera ha sconvolto l’armonia di un’intera piazza, spezzando simbiosi, impegni comuni, progetti futuri. Rilasciata a luglio, sì, ma pensata e scritta con mesi di rabbia in corpo, per una situazione fin troppo difficile da sostenere, da accettare. Ecco, quindi, la necessità di fare un passo indietro. Nonostante le lodi di allenatori e dirigenti, nonostante il cognome sgorghi responsabilità e pesi quanto quel ricordo che, in questo amaro epilogo, resta da solo. Kevin Marulla, baluardo cosentino, ha domato le piaghe della D, vinto gli equilibri della C e mantenuto a fatica una B tostissima: solo per Cosenza e per il Cosenza. Poi, l’oblio. La resa. Il dramma sportivo della retrocessione. E la fine di un percorso che, comunque vada, ha lasciato un segno tangibile.

Marulla, però, ha ancora tanto da dare. Lontano da casa, ma sempre alla ricerca di sfide da vincere, di vette da scalare e di nuove storie da raccontare. È notizia recente: ripartirà dalla Triestina. Un’altra società che ha tanti dubbi da sbrogliare e che, in Kevin, vede una fonte di successo, di integrità etica, di spessore morale. Nel nome del padre: il grande Gigi.

Triestina, con Marulla riparti più forte: la sua storia insegna

Il club giuliano, un passo alla volta, ridefinisce così la sua fisionomia. Nei tratti, arrugginita, instabile. Senza volto, né anima. Causa, ovviamente, i problemi economici che hanno minato la solidità della realtà biancorossa. La Triestina è ancora ben lontana dalla pienezza delle forme, e il deferimento incassato ieri dal Procuratore Federale per i vari ritardi amministrativi riscontrati lo conferma. Ma la scelta del direttore sportivo Michele Franco di affidarsi a Marulla per raccordare squadra e società in questo momento difficile, denota grande desiderio di ricominciare a costruire. Sempre un passo alla volta, senza bruciarsi. Come la storia di Kevin insegna. Lui che, nato nell’ombra del papà, ha ben presto affermato la sua unicità, attraverso lavoro e spirito. Non sul campo, bensì dietro la scrivania. Dove il 37enne, a 20 anni già dentro i ranghi silani, passa dalla gestione della scuola calcio e dei Berretti fino alle alte cariche del Cosenza. Fiancheggiando, ovviamente, il suo grande mentore, Gigi, da cui assorbe le virtù dei forti e impara, specialmente dopo la sua morte (2015), a farsi uomo. Forte, maturo, grande. E pronto a tutto.

Come testimoniato dal campo: nel corso della sua avventura da team manager rossoblù, Marulla ne ha viste tante. Un saliscendi di emozioni contrastanti che ha portato il club, dalla Serie D, a fronteggiare l’inferno della Serie B. Campionato disputato ben sette volte, agguantato nel 2018 e mantenuto a fatica, con le unghie e con i denti, in un decorso lungo e complesso fatto di cambiamenti, rincorse folli, attimi da incorniciare e momenti da dimenticare. Ma Kevin è sempre rimasto lì. Al suo posto. Spalla a spalla di giocatori, allenatori, dirigenti e staff: aveva la stima di tutti e aiutava a rendere al massimo. Con una parola detta bene, con una pacca sulla spalla, o con il solo esserci. Nonostante le amnesie sportive. Tante: sei salvezze sul filo, due di queste ai playout, una retrocessione scampata grazie alle inadempienze del Chievo Verona e un’altra, aspra, incassata proprio la stagione scorsa. L’ultima parola ‘complice’. Anche se complici, Kevin e il Cosenza, non lo erano già da tempo.

Kevin Marulla, crediti Andrea Rosito, www.lacasadic.com
Kevin Marulla, crediti Andrea Rosito, www.lacasadic.com

Cosenza, Marulla e quell’addio già sfiorato

Difatti, già lo scorso anno le parti sembravano vicine a chiudere i rapporti di stima. Il contratto di Marulla fu in seguito rinnovato, ma dopo un’attesa che aveva fatto sorgere i primi dubbi sulla solidità relazionale tra lui e il presidente Guarascio. Le difficoltà riscontrate sul campo hanno in seguito accentuato la distanza, chiudendo una storia lunga 13 anni. Che ha riportato in auge tutta una città, che ha avvicinato Cosenza al calcio e viceversa e che, comunque vada, ha dispensato gioia collettiva.

Quel sentimento furente, vigoroso, che Kevin non sentiva più suo. Non sentiva più il fuoco dentro, non sentiva più il sangue sgorgare di cosentinità. Il che sembra paradossale. Ma la lettera rilasciata a luglio per comunicare la separazione dal suo club è emblema di un gap difficile da sormontare: “nel corso dell’ultimo campionato – scrive Marulla – ed allo stato attuale sono venute a mancare gradualmente e sempre più, attraverso nuove e particolari linee guida, a mio modo di vedere, le condizioni necessarie per proseguire”. Serbando la speranza che “Cosenza torni ad emozionare”, il team manager, adesso, volta ufficialmente pagina. Non semplice, ma necessario. A lui, il compito di riportare serenità in quel di Trieste. Si sa: è abituato alle missioni impossibili. Quelle che, con professionalità, garbo e affetto, ha sempre saputo vincere. E che proverà a vincere ancora.