Il derby è granata: la Salernitana si aggiudica il match con la Cavese a distanza di 18 anni

La Curva della Salernitana / Lacasadic
A distanza di più di diciott’anni dall’ultimo incontro, torna il derby tra Salernitana e Cavese: il racconto dell’atmosfera dallo stadio
Ci sono pomeriggi in cui capisci fin da subito che non stai per assistere a una semplice partita. Lo respiri nell’aria, lo senti nel boato sordo e continuo che avvolge ogni cosa, ancora prima del fischio d’inizio. Diciotto anni di attesa non sono un dato statistico, sono una corrente di pura elettricità che attraversa ogni singolo seggiolino dell’Arechi.
La Curva Sud Siberiano è uno spettacolo quasi ipnotico. Un’onda granata che si muove all’unisono, un polmone che canta senza sosta, la cui voce racconta la vera essenza del derby. È una battaglia che, almeno sugli spalti, si combatte da una parte sola, ma non per questo meno intensa.
E la Cavese, in questo scenario, è la rivale perfetta. Arriva senza la sua gente, a cui la trasferta è stata vietata, ma si porta dentro la carica e l’abbraccio della tifoseria ricevuti a Cava de’ Tirreni prima della partenza per la trasferta. Si percepisce l’orgoglio, la voglia di imporre la propria legge in casa d’altri, il bisogno di tornare a vivere il derby così come è sempre stato: con grinta, rivalità e costanti ribaltamenti di fronte.
È una partita bloccata, quasi sospesa, come se l’intero stadio stesse trattenendo il fiato in attesa della scintilla capace di incendiare finalmente il derby. Una scintilla che, puntualmente, arriva a sconvolgere ogni equilibrio.
Un secondo tempo al cardiopalma
Il colpo che cambia il match arriva a freddo, all’inizio della ripresa, ed è una lama che gela l’Arechi. Il vantaggio della Cavese, senza la sua gente a spingerla, fa calare un silenzio che sembra quasi irreale. Un gol che pesa il doppio, segnato nel fortino avversario e accolto da un vuoto assordante, un atto di sfida che sembra avere la forza di indirizzare la storia del match. Ma è una sensazione che dura un attimo. Achik la mette in mezzo prima per Inglese e poi Ferrari: è un uno-due che ribalta tutto in poco più di centoventi secondi. Lo stadio, prima ammutolito, torna nuovamente a cantare.
Eppure, la Cavese resta sempre in partita. Non crolla, non si arrende all’inerzia, ma si getta in avanti con un coraggio che solo chi capisce l’importanza del derby sa trovare. Il 2-2 firmato da Macchi, su assist dell’ex Orlando, è un colpo d’orgoglio, una risposta da squadra viva, coraggiosa, consapevole del proprio valore. La Salernitana, però, alla fine ha dimostrato perché comanda la classifica: qualità, lucidità e killer instinct. Al 69’ Inglese trova la doppietta personale e il 3-2 finale, facendo esplodere di nuovo la Curva Sud in boato fatto di cori, bandiere e lacrime di gioia.
Salernitana-Cavese: la festa granata alla fine del derby
Al triplice fischio del derby tra Salernitana e Cavese, l’urlo dell’Arechi è diverso da quelli precedenti. È un boato di liberazione, il punto esclamativo su un’attesa durata quasi due decenni. La tensione si scioglie in un’esultanza fragorosa, mentre i protagonisti in campo si lasciano andare a un’esultanza cercata e trovata solo dopo 90′ minuti di fuoco.
Poi, la scena più bella. Tutta la squadra, con l’allenatore a guidare il gruppo, corre verso la Curva Sud. Non è un semplice saluto, è un pellegrinaggio. Sotto il muro dell’Arechi iniziano canti, balli, un abbraccio collettivo che unisce chi ha lottato in campo e chi ha spinto dagli spalti. Ed è l’immagine perfetta che chiude un cerchio aperto diciotto anni fa.