Dal Camerun all’Italia, nel segno della verità. Cicatrici e sogni di Joseph Minala: “La mia storia”

L'arrivo alla stazione Termini, la casa famiglia e un futuro da scriversi. All'orizzonte, il calcio. L'intervista a Joseph Minala

31 Dicembre 2022

Nicolò Franceschin - Autore

Roma. Stazione Termini. Un ragazzo, solo con una valigia e un telefono senza SIM: “Arrivai dal Camerun con un signore con la promessa di un provino al Milan”. Una falsa promessa: “Quel signore si allontanò dicendomi che sarebbe andato a prendere dei biglietti. Non tornò più”. La memoria che volge al passato. La voce calma e sicura ripercorre quei momenti. È la voce di Joseph Minala. Questa è la sua storia. Un sorriso sul volto “Pronto. Ciao, come stai?”. Inizia il racconto. “Ora sono a Giulianello, dove ho preso casa”. Il suo è un viaggio che parte da lontano. Grande è dovuto diventarlo presto. Il suo Camerun dove tutto è iniziato. L’arrivo in Italia, la casa famiglia, il calcio. Le polemiche sull’età: “Mi hanno rovinato la carriera”. Ora è in attesa di una chiamata con cui ripartire. Un’altra volta. All’orizzonte un pallone, per continuare a disegnare il percorso. Già, il percorso. Onestà, coerenza, valori. La storia di Joseph, l’uomo che non si è mai potuto permettere di mollare.

E ora è stato ripagato con il trasferimento all’Olbia: una nuova avventura per lui, pronto a ricominciare in Serie C. Una stagione fino ad ora complicata per i sardi, ultimi nel girone B di Serie C.

Il Camerun di Minala

Un legame profondo con il suo Camerun: “È tutto per me. È il mio Paese. Casa mia, la mia famiglia. Mi ha insegnato tanto. La terra dove sono nato”. Una terra che gli ha insegnato a vivere: “Riesco a capire molte situazioni della vita perché sono cresciuto lì e visto cose che un bambino non dovrebbe vedere”. Esperienze che segnano. Crescere, fin da subito. Gli occhi si chiudono per un istante. La memoria torna lì, nella “terra laddove il cemento ancora non strangola il sole”. Insieme a lui, da sempre, il pallone: “Mio fratello Duglas, il mio idolo, mi portava ogni giorno ai suoi allenamenti. Io giocavo con altri bambini a bordo campo. Andare agli allenamenti, mettere gli scarpini. Mi piaceva”. È nata una passione: “La mia famiglia non aveva i mezzi economici per iscrivermi in una scuola calcio. Aspettavo i tornei estivi. Per quelli non c’erano distinzioni”.

Dalla stazione Termini alla casa famiglia: il viaggio di Minala

E poi l’opportunità chiamata Italia. “I miei genitori fecero un grande sforzo per permettermi di seguire il mio sogno”. Una riunione e la decisione di partire. L’arrivo a Roma e un sogno che sembra subito infrangersi. Negli occhi l’immagine del signore che si allontana in stazione: “Non potevo immaginare che non l’avrei più rivisto”. Tutto sembra sconosciuto. Solitudine, incertezza. I pensieri riempiono la mente. “Non sapevo l’italiano. Chiesi aiuto a una ragazza africana che parlava francese”. Joseph si reca a una stazione di polizia: “La mia idea era quella di tornare a casa. Mi portarono in una casa famiglia. Mi hanno dato la possibilità di avere una vita diversa”. L’opportunità di scriversi e determinarsi il futuro. Inizia una nuova storia.

Minala e la realizzazione di un sogno

E nella nuova storia c’è il calcio. Una passione. Un lavoro. “Iniziai nella ‘Città dei ragazzi’ e poi passai alla Vigor Perconti”. I provini per l’Inter, l’Udinese e la Roma. La scelta, alla fine, ricade sul Napoli: “Restai lì un anno”. Dalla casa famiglia agli allenamenti con Lavezzi e Hamsik: “Venire dal nulla e allenarsi con loro. Mi sembrava un sogno”. Con un ricordo speciale: “Cavani mi regalò i miei primi scarpini. Era una brava persona. Mi ha aiutato tanto”. Nella voce ancora l’emozione di quel ragazzo. La decisione di andare nei dilettanti per poter essere subito tesserato: “Scelsi di tornare alla Vigor Perconti”. A fine anno lo chiamano Roma e Lazio. Il futuro si tinge di biancoceleste: “Il progetto migliore per un giovane che voleva emergere”. Provino e preparazione. La firma sul contratto: “Sarò sempre legato alla Lazio”.

Il professionismo di Klose: “Con il suo esempio mi ha insegnato tanto”. I consigli di Hernanes: “Spesso si fermava dopo gli allenamenti per parlarmi. Surreale”. L’amicizia con Strakosha e Tounkara: “Eravamo in convitto insieme. Un legame vero”. E Inzaghi: “Un grande allenatore. Ci sentiamo sempre. Ho la fortuna di poter contare sempre su di lui per dei consigli”. Con un rimpianto: “Non aver avuto con lui la possibilità di giocarmi le mie chance quando è andato in prima squadra”.

Cicatrici

Le esperienze ti cambiano. Il passato determina chi sei. Joseph lo sa. Siamo ai tempi della Lazio. Una polemica travolge Joseph Minala: “Non ha 17 anni”. Dubbi e cattiverie lo circondano: “Ha condizionato tanto la mia carriera”. Ancora troppo giovane per capire le conseguenze: “La Lazio non fece alcun comunicato per difendermi. Pensandoci oggi, mi sarei comportato diversamente”. Affrontare tutto, da solo: “Non avevo la mia famiglia o persone adatte per consigliarmi. Mi dicevo che una volta dimostrata la verità non ci sarebbero state ripercussioni. Mi sbagliavo”. Da lì, tutto è cambiato: “Ancora oggi alcune società mi etichettano per quelle voci, senza guardare ciò che dimostro in campo. Sono una persona normale. Non mi sembra di camminare con il bastone (sorride ndr)”. La cultura della polemica e dello scandalo vanno avanti. Incessanti. Lui, la vittima: “La gente ha sempre preferito dare peso a quelle falsità”. È costato tanto. Un nome macchiato. Una vita rovinata. Esperienze che ti segnano, per sempre. Cicatrici.

minala

Credit: Michele Bardi

Verità

La coscienza pulita, la sua: “In ogni squadra in cui ho giocato ho lasciato un bel ricordo. Mi vogliono bene. Al tempo ho sempre dimostrato lealtà e onestà. Non ho mai avuto niente da nascondere. Mi sono messo a disposizione delle indagini, che attestato che avevo ragione”. “Una vicenda che mi ha rovinato la carriera. Persone e club hanno sempre messo tutto questo davanti al giocatore e alla persona che sono”. Nella voce la speranza che questo possa cambiare. La speranza di occhi che possano vedere Joseph per quello che è, davvero. Affermare la semplice verità. Libero da dubbi e falsità del passato. Perché lui è così, puro.

Consapevolezza

L’esordio in Serie A con la Lazio e i prestiti. Da Bari a Salerno, fino alla Cina: “Un Paese che vuole crescere e che è disposto a imparare”. Poi il ritorno in Italia, alla Lucchese in Serie C. Ripartenza: “Quando sono tornato, ho trovato tante porte chiuse per le polemiche legate al mio passato. La Lucchese per me ha rappresentato la possibilità di ricominciare. Sono grato alla società”. Riscatto. La voglia di crescere: “Voglio fare uno step in più. Trovare una squadra il prima possibile”. Con un Mondiale da inseguire: “Il mio Camerun è qualificato. Devo solo sognare”. Con dei riferimenti da seguire: “Mio fratello ed Eto’o”. E uno, in particolare, fuori dal calcio: “Lebron James. Un esempio per quello che fa per gli altri”. Oltre al calcio, diversi gli interessi di Joseph: “Musica e viaggiare. Poi da due anni è nata la passione per la lettura. Amo scoprire e conoscere cose nuove. Aiuta molto”.

Crescere e andare avanti, sempre. La volontà di continuare a costruirsi il cammino. “Sono consapevole di quello che è stato il mio percorso. Quello che è stato non si può cambiare”. I sogni all’orizzonte. Il percorso il punto d’inizio: “Parto da ciò che mi ha portato a essere quello che sono e guardo avanti, cercando di raggiungere il Mondiale e la Serie A, magari con la maglia della Lazio”. Consapevolezza in ciò che si è e vuole essere. Un sorriso sul volto. Lo sguardo volto al futuro. La verità come stella polare. Sfumature di Joseph Minala.

A cura di Nicolò Franceschin