Diaby, dalla guerra al calcio. La storia di sogni e speranza del nuovo talento del Taranto

A 15 anni un finto procuratore lo portò in Libia in cambio di soldi ma al posto del campo di calcio trovò una prigione. La nuova vita da muratore, poi il viaggio in barcone verso l'Italia e l'inizio di un sogno

15 Settembre 2021

Redazione - Autore

Difficile immagine cosa possa aver passato Aboubakar Diaby. La sua è una storia che parte da lontano, dalla Costa d’Avorio e arriva fino a Taranto, dove ora gioca e segna.

Il primo gol nel mondo del calcio professionistico non è certo cosa da poco ma è solo la punta dell’iceberg della sua storia. Perché se il suo presente ora è felice, il passato racconta di guerre e sequestri, di sofferenze ma anche di una speranza che non l’ha mai abbandonato. Che le cose potessero cambiare.

Il classe 2000 ai microfoni di gianlucadimarzio.com ha ripercorso tutta la sua vita, fino al gol del 3-1 contro il Palermo che l’ha portato sotto i riflettori come nuova stellina del Taranto.

Diaby ha iniziato a giocare a calcio in strada, a 8 anni, con i suoi amici. E mentre la famiglia gli consigliava di pensare allo studio, lui da quel pallone non si staccava mai. Poi però qualcuno consigliò a suo padre di iscriverlo ad una scuola calcio: e così iniziò la sua ‘vera’ storia d’amore col pallone.

La trama però non è delle più semplici, anzi. Il giocatore ha raccontato di essere stato truffato da uno ‘pseudo-procuratore’ che, dopo avergli promesso qualsiasi successo, gli fece perdere tutti i risparmi. Lo mise in viaggio e Diaby arrivò in Libia. Da solo. Un ragazzino che non sapeva cosa fare in un paese straniero e flagellato dalla guerra. Lì addirittura lo sequestrarono e restò quasi due mesi in prigione. Chiesero il riscatto ai suoi genitori, che quindi furono costretti a pagare la somma richiesta.

Però la libertà dalla prigione non fu sinonimo di libertà assoluta. Diaby iniziò a lavorare come muratore ma ci fu chi si prese cura di lui in quei momenti di sconforto. Tuttavia la voglia di una vita migliore era troppo grande per restare lì, così ci fu chi lo mise in contatto con chi organizzava traversate verso l’Italia.

“Il viaggio fu durissimo. Ho visto persone perdere i sensi, stremate. Sbarcammo a Catania. Sembrava un sogno. Mi sistemarono in una casa famiglia. E’ stato qui che ho ripreso a giocare a calcio“, ha raccontato a gianlucadimarzio.com.

“SEI FORTE RAGAZZO, PUOI DIVENTARE UN CAMPIONE”

L’arrivo in una casa famiglia fu il primo ‘sentore’ di normalità. Uno dei responsabili un giorno gli organizzò un provino con l’Aci Sant’Antonio, squadra di promozione. Lì Diaby ricominciò a giocare a pallone, fece un grande campionato, conobbe un allenatore che diventò come un secondo padre e trovò una “famiglia più che una squadra”.

Arrivarono poi le prime richieste dai top club di D, la più convincente, però, fu quella del Taranto e del ds Francesco Montervino. Accordo, trasferimento. Via alla nuova avventura in Puglia. Come un nuovo viaggio ma con orizzonti nuovi e un nuovo sogno: “Un giorno giocherò nella nazionale del mio Paese, la Costa d’Avorio e dedicherò un gol alla mia mamma“.

A cura di Fabrizio Caianiello