Jefferson e il Latina: “Un amore mai finito. Dal Papa a Oronzo Canà, vi racconto il mio film”

Dal ritorno al gol all'incontro col Papa, passando per un'esperienza... da film! L'attaccante del Latina si racconta a La Casa di C

16 Ottobre 2021

Redazione - Autore

Certi amori non finiscono, fanno giri immensi e poi ritornano”, così cantava Venditti nell’album “Benvenuti in Paradiso”, narrando le vicende di un amore perduto ma destinato a ritrovarsi. Nel mondo del calcio c’è chi il suo Paradiso l’ha trovato due volte: prima da ragazzo, dopo da uomo più maturo. È il caso di Jefferson, attaccante del Latina tornato in estate nella città laziale a distanza di cinque anni dall’ultima volta.

Un ritorno di fiamma per l’italo-brasiliano, che ne ha parlato in esclusiva ai microfoni della Casa di C: “Quest’amore non è mai finito. Ho fatto un po’ di giri ma volevo sempre ritornare. Io e la mia famiglia abbiamo sempre continuato ad avere casa qui e venire a Latina alla fine della stagione calcistica. L’ho sempre detto anche ai miei amici che sarebbe stato uno dei miei obiettivi al ritorno in Serie C della squadra. È capitato proprio adesso che non avevo un contratto: anche se avevo qualche richiesta ho aspettato un po’ perché la volontà era di rimanere qui”.

Latina, un ritorno di fiamma per Jefferson

Jefferson fu tra i condottieri principali del Latina, quando la squadra nella stagione 2013/14 sfiorò una storica promozione in Serie A, venendo però fermata dal Cesena in finale playoff. Ora il club laziale, fermo al quindicesimo posto in classifica del girone C, non naviga in acque migliori: “La squadra è stata costruita un po’ all’ultimo. Sono arrivato anch’io all’ultimo quando si è chiuso il mercato. C’è ancora tanto da migliorare, bisogna amalgamare alcune cose. Però credo che alla fine sia una buona buona squadra. La cosa positiva è che la squadra ha già capito molte cose che vuole il mister. Spero che i nostri attaccanti possano sbloccarsi, parlo anche di Rossetti, che nelle ultime uscite ha fatto molto bene. Per un attaccante è sempre importante segnare”.

Già, segnare e sbloccarsi, proprio come ha fatto lo stesso Jefferson contro il Picerno, interrompendo un lungo digiuno: “L’ultima volta ho segnato nel 2-2 tra Monopoli e Bari, quasi due anni fa. Domenica mi sono levato un gran peso dalle spalle. Bisogna dare tempo, perché ci sono alcuni giocatori ancora in crescita, sia a livello atletico che tecnico. Io sono sicuramente uno di questi, specialmente per la mia struttura, per cui ogni anno faccio fatica all’inizio. Spero di trovare il prima possibile la condizione, perché così non ti diverti, fai solo fatica”.

Su cosa ha trovato cambiato rispetto all’ultima volta a Latina: “Con tutto quello che è successo alla società credo che il livello del tifo sia calato un po’. Magari hanno perso un po’ di entusiasmo. Bisogna recuperare e ovviamente lo fai solo vincendo e cercando di far bene. Vogliamo far ritornare il pubblico allo stadio”.

Serie C, odi et amo: il giudizio di Jefferson

La Casa di C punta a illuminare la categoria a livello nazionale, sapendo quanto possa dare al calcio italiano. Jefferson ci abita stabilmente da tanto tempo e negli anni è riuscito ad analizzare i punti di forza e le precarietà della Serie C: “Negli ultimi anni è cresciuta tanto a livello qualitativo. Quando ero alla Viterbese c’è stato un anno in cui ho visto la Serie C un po’ calante a livello tecnico. Ero al Padova l’anno scorso e il girone era molto equilibrato. La categoria sta crescendo, spero che la nostra Lega continui a sbattersi per noi perché siamo stati un po’ ‘lasciati da parte’. Ci sono alcune regole in Serie C che non capisco, ma ci sono e dobbiamo adattarci. Se una squadra vuole avere 30 over o 30 under devono poterlo fare. Credo che obbligare a far giocare i giovani non sia una buona cosa. Le società devono essere libere di fare quello che vogliono”.

Tra esperienze e aneddoti: un film italo-brasiliano

Nato in Brasile, ma figlio adottivo dell’Italia, Jefferson ci ha spiegato cosa l’ha fatto innamorare del Belpaese: “Per me il primo impatto è stato molto bello perché sono stato alla Fiorentina. È uno dei più belli che possano esserci per una persona che arriva dal Brasile e ti capita Firenze, una delle città più belle in Italia. La tranquillità che c’è in Italia e magari in Brasile non trovi. I posti belli, il cibo… tutto il mondo se viene in Italia si trova bene. La mia piccola è nata qui. Praticamente in casa si parla italiano, non si parla neanche più portoghese”.

Portare il cinema su un campo da calcio? Si può fare, specialmente se il riferimento è Lino Banfi : “Ero al Monopoli e c’era il mister Scienza. Siamo partiti da Monopoli per incontrare il Papa a Roma, c’erano anche i dirigenti. Eravamo nel furgoncino, è uscito fuori qualcuno con Youtube che mi ha fatto vedere “l’Allenatore nel Pallone” con Aristoteles e Oronzo Canà. Il nostro addetto stampa ha incominciato a caricarci per farci replicare gli atteggiamenti dei due personaggi. Siamo stati un paio d’ore per fare il video, io non riuscivo perché non sono adatto a fare l’attore (ride, ndr.). Mister Scienza invece è stato molto bravo, se non fosse stato per me avremmo fatto velocemente il video. Poi lo abbiamo caricato sui social”.

Chiosa finale proprio su Giuseppe Scienza e il grande ricordo rimasto a Jefferson: “Porto nel cuore questo aneddoto, anche perché il mister con noi giocatori aveva un rapporto come tra padre e figli. Ci teneva molto a farci stare bene. È rimasta ancora l’amicizia, lo chiamo quando posso. Sono molto contento quando sta bene, infatti vedo che ora sta facendo bene. Non solo è forte come allenatore, è rimasto ancora la persona che ci ha dato tanto”.

A cura di Gabriele Ragnini